Numero 11

 Piccolo mondo antico.

Cornaille o vatse de bouque

      Cos'è una cornaille? Una piccola mucca stilizzata ricavata da un rametto di legno biforcuto. Nelle regioni di montagna è stato il gioco preferito di generazioni di bambini. Durante le lunghe e noiose giornate al pascolo, i pastori trascorrevano il tempo, scolpendo oggetti come santi, animaletti e cornailles. Se i bambini di città si divertivano con i soldatini di plastica a inventarsi le loro guerre, i pastorelli la guerra la giocavano con le loro mucche-giocattolo dalle lunghe corna: le cornailles. Ogni cornaille era unica: alcune avevano il collare, altre la coda o il manto pezzato ma tutte avevano il loro nome inciso. Dopo averle costruite si sfidava l'amico a fare la battaglia delle rèine facendo scontrare le due avversarie e dichiarando vincitrice la mucca che riusciva a rovesciare l'altra. I bimbi valdostani, ancora prima si divertivano con le pigne delle conifere che, secondo il colore e il volume, rappresentavano tutta la parentela dei bovini: i più amati della stalla. Più tardi, la figura semplificata di un corpo appena sbozzato con le corna ben affilate, diventa il giocattolo per antonomasia delle alpi. Brocherel, collezionista e ...

... non una semplice mucca.

      ... studioso della cultura valdostana a questo proposito scrive: "Le proporzioni sono alquanto arbitrarie, le corna soverchiano in grossezza e in lunghezza il moncone rattrappito che dovrebbe essere il corpo dell'animale, privo di testa e di arti, ma questi particolari non contano, l'essenziale è che ci siano le corna ben sviluppate. Non per nulla, questi giocattoli rudimentali vengono chiamati in dialetto valdostano: cornailles. Pochi colpi di coltello bastano a improvvisare il giocattolo, poi il bambino cerca di perfezionarlo, appuntisce le corna, raschia o taglia la corteccia per fingere il mantello chiaro o pezzato della mucca, la quale, nella sua intenzione, deve rappresentare una vacca a lui famigliare”. Così i bambini trascorrevano le serate nel tepore umido delle stalle, ripetendo col gioco il lavoro dei padri. Nella società agro-pastorale pochi pezzi di legno, semplicemente intagliati, erano più che sufficienti per garantire il divertimento per ore e ore. Oggi gli "arcaici balocchi”, come li definiva sempre Brocherel per l'evidente analogia con le forme primordiali rintracciate nelle numerose incisioni rupestri, sono diventate rari e raffinati oggetti da collezione.

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Numero 10

 Sci in salita? Fatica da re.

Zoccoli di legno ritorti...

      Oggi è il boom, tutti vogliono andare in salita, riscoprendo la natura e il piacere della fatica ma la prima raffigurazione di uno sci la troviamo in "Historia de gentibus septentrionalibus” scritta nel 1534 da Olaus Magnus, plenipotenziario del re di Svezia presso la Santa Sede. Vengono descritti come "zoccoli di legno e lunghi e in punta ritorti all'insù a guisa d'arco”. Anche se le prime testimonianze di attrezzi simili agli sci, usati come mezzi di locomozione, si devono a ritrovamenti fossili risalenti a più di 2500 anni A.C. in Siberia, Scandinavia e Lapponia. Nell'isola di Rodoy, in Norvegia, è stata rinvenuta un'incisione rupestre, databile intorno a 4000 anni fa, che rappresenta una figura umana con ai piedi degli inconfondibili sci. Nel IV secolo a.C. Erodoto, nelle "Historiae”, parla di popoli dell'Asia minore con "scarpe di legno” per spostarsi sulla neve. Pare che il primo italiano a calzare gli sci sia stato il prelato Francesco Negri, ravennate, durante un viaggio in Lapponia nella seconda metà del XV secolo, nel quale raggiunse Capo Nord. Nel 1888 ebbe grande eco in Europa l'avventura di Fridtjof Nansen, esploratore norvegese, che attraversò la Groenlandia con gli sci ...

... all’insù a guisa d’arco.

      ... percorrendo circa 500 chilometri, equipaggiamento usato: sci di quercia lunghi 2,5/3 metri, pelli di alce da applicare sotto lo sci e due lunghi bastoni. Il primo paio di sci fu importato in Italia da Adolfo Kind a Torino nel 1896, città dove nel 1901 naque il primo ski club ad opera anche di Ottorino Mezzalama. Fu Marcel Kurz (1887-1967) ingegnere, cartografo ed alpinista svizzero, tra i primi ad utilizzare gli sci sulle Alpi e a descrivere la tecnica e le gite scialpinistiche. Mathias Zdarsky (1874-1934) fa una rivoluzione: accorcia gli sci, toglie la scanalatura centrale, usa un singolo bastone al posto dei bastoncini e introduce placchette metalliche per fissare il tallone. Nel 1956 Walter Bonatti e Bruno Detassis compiono la prima traversata delle Alpi: 65 giorni dal 15 marzo al 20 maggio, 1500 km percorsi, 100.000 m di dislivello. Oggi lo scialpinismo è una disciplina affascinante e sempre più diffusa grazie anche ai nuovi materiali, pratici e ultra leggeri, che facilitano il movimento in salita. Bisogna comunque essere consapevoli dei rischi che un sport praticato in alta montagna implica e in caso di inesperienza affidarsi alle Guide Alpine per una maggiore sicurezza!

UN MONDO A PARTE

La Grande Course

      Le più grandi nazioni dello sci alpinismo accolgono le 6 Top skialp International Competition in paesaggi montani senza eguali. Questi eventi sono stati raccolti in un unico circuito: La Grande Course. Qui la parola scialpinismo acquista il suo vero significato. Pendii ripidi, salite lungo i canali, discese tecniche, tutti gli ingredienti che sono alla base di questo sport. Lo spirito di cordata è molto forte, in queste gare infatti non esiste la corsa individuale, ogni competizione si effettua con squadre di due o tre elementi. Solo la classifica finale Grande Course è individuale, perciò si può correre ciascuna prova con il compagno che si è scelto, indipendentemente dalla sua nazionalità. D'altronde la Grande Course è aperta a tutti, qualunque sia il paese d'origine; vuole infatti essere una comunità e il possesso della "Carte Grande Course” diventa fondamentale sia per gli atleti che per gli amanti della montagna.

La Grand Course:
· Il Millet Tour du Rutor Extreme (Italia)
· La Pierra Menta (Francia)
· L’Adamello Ski Ride (Italia)
· L’Open Altitoy-Ternua (France)
· Il Trofeo Mezzalama (Italia)
· La Patrouille des Glaciers (Svizzera)

GRANDI EVENTI

Il Millet Tour du Rutor Extreme.

      Il Tour du Rutor, ovvero la seconda gara di sci d'alta montagna mai disputata sui ghiacciai della Valle d'Aosta, ha una storia recente, nasce infatti nel 1995 per volontà dello sci club Corrado Gex di Arvier e di alcuni giovani appassionati di alpinismo. Ma se andiamo a ritroso nel tempo, il 2 luglio del 1933 il Trofeo del Rutor, ebbe la sua prima edizione. Una gara di sci d'alta montagna in cordata di tre concorrenti equipaggiati di piccozza e "sacco alpino affardellato”. Si snodava attorno al ghiacciaio del Rutor al via 20 squadre su un percorso ad anello (18 km, 700 m di dislivello). Gli atleti salirono da La Thuile, alla base del massiccio della Grande Assaly, toccarono i colli Loydon e Avernet e attaccarono la cresta del Rutor fino alla capanna Defey (mt 3.373), culmine della gara. La discesa toccava le basi dello Château Blanc e del Flambeau. Oggi il Tour du Rutor, a cadenza biennale, è una prova de La Grande Course e di Coppa del Mondo Long Distance di tre giorni, di alto livello tecnico che accoglie fra i migliori scialpinisti internazionali. I percorsi delle 3 tappe si snodano tra Planaval di Arvier e la Valgrisenche toccando la cima del Rutor, in un paesaggio spettacolare! Quest'anno è la 18° edizione, appuntamento da non perdere, per tutti gli appassionati, 1-2-3 aprile 2016!
Info su: www.tourdurutor.com · www.grandecourse.com

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 Di filo in filo: le Chanvre.

Mente e corpo la forza...

      Gli antichi latini erano soliti pensare che ci fosse una reciproca influenza tra benessere fisico e benessere psicologico, riassumendo tale concezione nella celebre massima "mens sana in corpore sano”. L'unità somato-psichica dell'uomo implica una profonda influenza delle emozioni sul corpo e sul suo benessere. La psicosomatica è quella branca della medicina che pone in relazione la mente con il corpo, ossia il mondo emozionale e affettivo con il soma (il disturbo), occupandosi di rilevare e capire l'influenza che l'emozione esercita sul corpo e le sue affezioni. Il filosofo Galimberti (1992), spiega nel dettaglio quella concezione che separa il corpo dalla mente, considerando l'uomo un tutto unitario dove la malattia si manifesta a livello organico come sintomo e a livello psicologico come disagio. Da questo punto di vista, la medicina psicosomatica ribalta lo schema che prevedeva la lesione dell'organo quale causa della malattia, al contrario sarebbe lo stress della vita quotidiana, che pone l'individuo in lotta per l'esistenza, a generare la disfunzione dell'organo che è causa del malessere fisico. A volte si pensa erronemente che con

...di essere uno!

      ... la forza mentale si possa arrivare ovunque. Lo sa bene chi pratica sport di resistenza! In realtà il potere della mente è del 30%, quello del corpo è del 70%. Il corpo è più forte della mente. Se la mente decide di percorrere a piedi 300 chilometri e il corpo si rifiuta, il viaggio non si compirà, se non ad un prezzo fisico altissimo e l'individuo entrerà in tensione. La mente deve arrendersi alle esigenze corporee perché queste sono prioritarie, più forti. Il corpo ha i suoi tempi, i suoi ritmi e la mente li deve rispettare. Spesso si toglie al fisico il dovuto riposo e lo si costringe a ritmi stressanti. Questa è una vera e propria dichiarazione di guerra con un unico vincitore: il corpo. Le tecniche di rilassamento sono dei mediatori di pace tra le parti in conflitto. Infatti quando i muscoli si distendono, il sistema ipotalamico-ipofisario concede ai capillari di rilassarsi, il sangue a innondare le fibre muscolari, a nutrire le cellule, a portare via gli scarti della "combustione” cellulare. Queste operazioni portano armonia nell'individuo. I rispettivi ritmi della mente e del corpo si allineano, creando una circolazione equilibrata delle energie, fonte di benessere.

SAKYONG MIPHAM

Perchè meditare.

      Le più grandi nazioni dello sci alpinismo accolgono le 6 Top skialp International Competition in paesaggi montani senza eguali. Questi eventi sono stati raccolti in un unico circuito: La Grande Course. Qui la parola scialpinismo acquista il suo vero significato. Pendii ripidi, salite lungo i canali, discese tecniche, tutti gli ingredienti che sono alla base di questo sport. Lo spirito di cordata è molto forte, in queste gare infatti non esiste la corsa individuale, ogni competizione si effettua con squadre di due o tre elementi. Solo la classifica finale Grande Course è individuale, perciò si può correre ciascuna prova con il compagno che si è scelto, indipendentemente dalla sua nazionalità. D'altronde la Grande Course è aperta a tutti, qualunque sia il paese d'origine; vuole infatti essere una comunità e il possesso della "Carte Grande Course” diventa fondamentale sia per gli atleti che per gli amanti della montagna.

La Grand Course:
· Il Millet Tour du Rutor Extreme (Italia)
· La Pierra Menta (Francia)
· L’Adamello Ski Ride (Italia)
· L’Open Altitoy-Ternua (France)
· Il Trofeo Mezzalama (Italia)
· La Patrouille des Glaciers (Svizzera)

SPORT

Intorno all’ultra.

      Nelle corse di endurance, a volte, la forza della mente diventa preponderante rispetto al fisico, semplicemente smettono di parlarsi, o meglio, il corpo lancia segni chiari ma la mente ha un solo obiettivo: arrivare. Per cui come un tritacarne si carica di ogni libbra di pelle che ci tiene in piedi e va avanti. Per il corpo è una violenza insopportabile che si traduce spesso in lunghi traumi. Ultratrail, corpo e mente. Tite Togni (yoga) e Pietro Trabucchi (psicologo dello sport) hanno scritto un'articolo interessante su Yoga e Resilienza. Considerando lo Yoga come una disciplina della mente attraverso il corpo. Stati d'animo, pensieri e emozioni influenzano il corpo, lo Yoga lavora da millenni su questi principi ed è considerato un metodo perfetto per sviluppare la resilienza, ovvero la capacità, in circostanze avverse, di trovare le risorse fisiche e mentali per affrontare quelle difficoltà e superarle in modo efficace, per raggiungere un obiettivo.Una persona con grandi motivazioni può sopportare carichi di fatica e dolore fisico inimmaginabili! Resilienza ...consapevole!

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Le due facce del merluzzo 

Baccalà o...

      Baccalà o Stoccafisso? Entrambi hanno in comune il merluzzo norvegese della specie Gadus Morhua, caratterizzato dalla sua carne bianca molto delicata. Il pesce viene pescato, privato della testa, pulito direttamente a bordo dei pescherecci e lavato abbondantemente con acqua fresca. Da qui in avanti i processi di lavorazione sono completamente diversi. La produzione dello stoccafisso (che significa "pesce bastone”) è legata alla pesca stagionale che avviene tra febbraio ed aprile nei mari della Norvegia. Il pesce, lasciato unito solo dalla coda, viene essiccato su apposite rastrelliere esposte al vento ed al sole da febbraio a maggio dove il clima secco e generalmente con una temperatura intorno ai zero gradi lo protegge dagli insetti e dalla contaminazione batterica. I pesci non devono venire in contatto tra loro in modo che non si formino macchie che ne ridurrebbero la qualità. Dopo tre mesi all'aperto seguono altri tre mesi in ambiente chiuso, secco e ventilato. Alla fine il merluzzo ha perso circa il 70% del suo contenuto di acqua...

...stoccafisso?

      ... ma ha mantenuto integri i suoi principi nutrienti ed è ricco di proteine, vitamine, sali di ferro e calcio. Un chilogrammo di stoccafisso equivale a 5 chilogrammi di prodotto fresco. Nella produzione del baccalà (che vuol dire pesce salato), i pesci vengono messi in una salamoia concentrata per una settimana e poi posizionati su pallet nei quali si alternano strati di sale secco a strati di pesce. In quest'ultima fase di stagionatura, che dura da tre a quattro settimane, il merluzzo si trasforma in baccalà. Seguirà una pezzatura e da qui la sua conservazione potrà durare circa due anni. Questo prodotto rientra in molte cucine regionali italiane, il Baccalà alla Vicentina, chiamato baccalà anche se si utilizza lo stoccafisso; il Baccalà mantecato veneziano; lo stoccafisso di Ancona; lo Stocco calabrese che ha una sua tradizione unica, portato al paese di Mammola dove veniva lavorato e distribuito il tutta la Calabria ed anche all'estero; in Liguria lo stoccafisso è inserito nei prodotti agroalimentari regionali.

LO FACCIO ANCH’IO

Brandacujun ligure.

· 800 g. di stoccafisso ammollato
· 400g. di patate
· 1 cipolla, succo di limone
· 1 spicchio di aglio
· 30 g. di pinoli, prezzemolo
· 1 tuorlo d'uovo
· olio evo, sale pepe

Lessa lo stoccafisso per 20 minuti, lessa le patate sbucciate per 20 minuti, sgocciola il pesce e privalo della pelle. In un tegame alto fai rosolare la cipolla affettata con poco olio, unisci lo stoccafisso sminuzzato e le patate a tocchetti, lascia insaporire qualche minuto, aggiungi sale e pepe. Emulsiona un bicchiere di olio con il succo di limone, aggiungi aglio, pinoli e prezzemolo tritati, versa tutto in pentola e mescola. Chiudi il tegame agitalo spesso aggiungendo olio fino a formare una specie di crema. Spegni il fuoco aggiungi il tuorlo e continua ad agitare il tutto. Il vino ideale sarebbe un bel Vermentino ligure ma anche un bianco valdostano farebbe la sua buona figura.

LO FACCIO ANCH’IO

Baccalà alla vicentina.

      Lava e dilisca 50 gr. di acciughe; trita il prezzemolo con l'aglio. Affetta sottili 300 gr. di cipolle, falle soffriggere con mezzo bicchiere di olio. Aggiungi le acciughe e falle sciogliere; infine unisci il trito di prezzemolo. Scola bene uno stoccafisso "ragno” già bagnato, aprilo dalla parte del ventre e mettilo su un tagliere con la parte aperta verso l'alto; Salalo poco, pepalo e cospargilo con un velo di farina e con il parmigiano. Distribuisci sui due filetti di stoccafisso il composto di cipolle e acciughe poi arrotola il pesce partendo da uno dei due lati lunghi; Lega il rotolo ottenuto in più punti con legature singole, lasciando tra una e l'altra uno spazio di circa 4 cm, poi affettalo con un coltello preferibilmente seghettato. Trasferisci le fette in una casseruola di coccio, sistemandole ben vicine una all'altra. Versa sopra le fette di baccalà prima olio, poi latte in uguale quantità, fino a coprirle completamente. Metti la casseruola su fuoco basso; copri e cuoci per circa 4 ore. Prima di togliere la preparazione dal fuoco, assaggia e regola di sale. Ottimo servito con la polenta bianca.

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 La ricchezza della tavola.

Niente è più utile...

      Lo diceva Plinio il vecchio. La storia del sale è la storia delle miniere, delle saline, delle flotte navali che solcavano i mari e risalivano i fiumi, delle carovane che attraversavano il mondo e lo trasportavano. La storia del sale è anche storia di diverse culture che entravano in contatto attraverso il mercato di scambio di ciò che era considerato più prezioso dell'oro. Veniva usato anticamente per conservare i cibi ed era, quindi, di estrema importanza per gli alimenti, solo molti anni dopo entrò a far parte della cucina come insaporitore delle pietanze. Omero lo definiva come una "sostanza divina” che era parte della vita, secondo Platone invece era "particolarmente caro agli dei”. Con la comparsa delle prime civiltà sedentarie verso il IV° e V° millennio a.c. iniziarono a nascere problemi per la conservazione delle derrate alimentari, fino a quando si scoprì che coprendo gli alimenti con il sale questi si potevano mantenere più a lungo. Le grandi vie costruite per portare il prodotto dal mare ...

...del sole e del sale.

      ... verso l'interno diventarono delle vere e prorpie arterie stradali, nuove vie di comunicazione che erano soggette al pagamento di una imponente tassa per essere attraversate. C'era chi otteneva il sale estraendo dal suolo il salgemma e le acque salate che poi venivano bollite e chi lo otteneva con una evaporazione controllata delle acque marine. Il sale veniva utilizzato non solo per la conservazione dei cibi ma anche come farmaco e come moneta nel pagamento del lavoro, da qui la parola "salario”. Il sale prese anche altre valenze simboliche: con il suo scambio si stringevano accordi di ogni tipo, veniva usato come metodo di purificazione dal demonio in vari riti ed era considerato simbolo di intelligenza (da qui il detto "sale in zucca”). Troviamo sugli scaffali dei negozi diversi tipi di sale e possiamo identificarli come: sale grosso e sale fino, sali economici e più preziosi: la differenza sta nella purezza del prodotto e nell'assenza di agenti inquinanti, i sali economici subiscono alcuni trattamenti che provocano una perdita di oligoelementi.

CURIOSITÀ

Tante tipologie di sale.

      Sali integrali: più ricchi di elementi legati alla loro provenienza, roccia o mare. Fiore di Sale: una eccellenza assoluta, raro e delicato, si cristallizza sulla superficie dell'acqua sotto l'azione del sole e del vento, non è difficile vederne alcune formazioni sugli scogli. Sale rosa dell'Hymalaya: estratto dalla seconda più grande miniera del mondo in Pakistan, il suo colore è dovuto ad una presenza di ossido di ferro. Sale Kosher: che ha una struttura più grande ed è usato per usi religiosi, gli ebrei lo usano per estrarre il sangue residuo dalle carni prima di consumarle. Sale celtico: molto usato in Francia ricco di magnesio e molti sali minerali, è raccolto "a mano”. Un consumo eccessivo di sale può favorire l'ipertensione arteriosa. Alti livelli di sodio aumentano il rischio di malattie del cuore, dei vasi sanguigni e dei reni, sia attraverso l'aumento della pressione, sia per altre vie. Un modo per consumare meno sale è quello di aromatizzarlo con delle erbe in modo da avere un ottimo sapore anche se usato in quantità minore.

LO FACCIO ANCH’IO

Pesce cotto al sale.

      Unire al sale delle erbe aromatiche precedentemente sminuzzate, una grattugiata di scorza di limone naturale, un albume di uovo montato a neve, amalgamare il tutto. Formare un letto con questo composto su cui adagiare il pesce scelto a vostro piacere, ricoprirlo totalmente e metterlo in forno caldo e lasciarlo cuocere, in base alla grandezza del pesce, da 25 a 40 minuti. Il sale si solidificherà e farà in modo che il pesce si cuocia nel suo stesso grasso ed utilizzando la sua umidità mantenendo così inalterati le proprietà e i suoi sapori. Non resta che provarlo magari con un buon bicchiere di vino bianco valdostano.

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Numero 9

 Il fascino dell’Arte Popolare.

In Valle d’Aosta...

      Jules Brocherel prima e Amédée Berthod sono fra i più importanti storici valdostani che si sono occupati di arte popolare. In particolare Berthod nel 1962, con la sua opera L'Art Valdotain, rende omaggio a tutti quegli artisti, che con le loro opere hanno arricchito il patrimonio culturale locale. Lo studioso non fa alcuna differenza tra Arte propriamente detta e Arte popolare. Architettura, scultura, pittura, arte decorativa mostrano infatti caratteri simili, forme tozze, tonalità sobrie e linee orizzontali. Poco vicini al realismo, allo studio dell'anatomia e del movimento, gli artisti valdostani sono dei sognatori capaci di rappresentare ciò che vedono. Le loro opere esprimono stabilità e equilibrio, sono lontane da giochi di luce e movimenti disordinati. Questo rifarsi a forme primitive si nota soprattutto nell'arte decorativa, i cerchi ad esempio, che s'incrociano, si combinano e formano un'infinità di motivi ornamentali, li troviamo nell'arte preistorica orientale e in alcune regioni delle Alpi. La scultura valdostana compie un percorso che va dalla...

... oltre 2000 anni di storia.

      ... rappresentazione del mondo contadino alla realizzazione di forme più realiste prese dal mondo religioso. Un mondo che si sviluppa quando gli scultori iniziano ad organizzarsi in atelier e a produrre opere per committenti, la chiesa e i signori dei castelli. Nascono così le statue religiose, policrome e dorate, mentre più rare sono quelle profane. Il gusto artistico valdostano è il frutto d'influenze diverse, rare quelle esterne, più probabili le influenze legate al territorio. I volti e i corpi ritratti sono i contadini delle nostre valli, sono immagini statiche che emanano un grande senso di calma. In passato, a causa del parziale isolamento, dell'assenza di mezzi di comunicazione e scambi commerciali, gli artigiani hanno sentito la necessità di costruirsi utensili adatti all'agricoltura e ai lavori domestici. Da secoli i motivi decorativi incisi con lama di coltello, cuori, croci, rami, fiori e animali si ripetono e si modificano all'infinito. Un simbolismo espressione di una cultura alpina che rappresenta una chiave di lettura per comprenderne la storia.

PERSONAGGI

Jules Brocherel

      Jules Brocherel nasce a Courmayeur nel 1871 da padre alpinista, ne segue le tracce compiendo molte spedizioni tra cui in Cina e nel deserto dei Gobi. Ma il desiderio di descrivere le bellezze della Valle d'Aosta gli ha permesso di diventare corrispondente di numerosi giornali italiani e stranieri. I suoi scritti sono sempre il risultato di una profonda ricerca erudita. Fotografo di pregio ha collaborato a far conoscere la nostra regione nelle più importanti riviste europee. Uomo riservato e curioso, aveva la passione di collezionare oggetti d'arte e di antichità locale. Fonda nel 1919 la rivista "Augusta Praetoria” che raccoglie scritti di cultura regionale. Muore nel 1954 a 84 anni.

PERSONAGGI

Amédéé Berthod

      Amédée Berthod nasce nel 1906 da una famiglia borghese di Aosta e si forma nella piena evoluzione etnico linguistica della città. Si iscrive all'Accademia Albertina di Torino che non terminerà. Seguendo la sua passione interiore, si dedica alla scoperta della Valle d'Aosta, studiando in modo approfondito sia il francese che il patois. Si avvicina alla cultura rurale e diventa una figura intellettuale di spicco. Si dedica alla ricerca dell'arte pastorale valdostana diventando un grande collezionista di oggetti d'arte. Nel 1948 collabora alla fondazione del movimento Union Valdôtaine. Lavora alla riorganizzazione della Fiera di sant'Orso e all'istituzione di un Centro per l'artigianato. Pubblica diversi lavori sull'arte popolare valdostana. Muore nel 1970.

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Di filo in filo: le Chanvre.

Canapa tessuta a mano...

      Lana e canapa sono le materie prime prodotte e lavorate dalle comunità di montagna con le quali ricavavano fibre tessili per realizzare capi di abbigliamento, corredi e teli da lavoro. Dalla Cannabis sativa coltivata in prossimità dei corsi d'acqua in Valle d'Aosta e in tutto l'arco alpino si otteneva, dopo una serie di procedimenti (raccolta, macerazione, scortecciatura, pettinatura, filatura), un filato robusto e resistente all'usura che, a seconda della finezza o rusticità, veniva tessuto per confezionare biancheria e indumenti necessari alla vita e al lavoro quotidiano. La tessitura è stata nei secoli scorsi una delle attività prevalenti della comunità di Champorcher in cui, durante i lunghi inverni, donne e uomini filavano e tessevano la tela di canapa (teila de meison) per il proprio uso e consumo ma anche in conto terzi come integrazione del reddito agricolo. In autunno, prima che la neve isolasse il paese, il filo di canapa in gomitoli e matasse veniva portato a spalle, a tessere, nelle varie famiglie, a primavera veniva restituito sotto forma...

... magia a Champorcher.

      ... di tessuto. I telai erano robusti, costruiti in legno di larice da falegnami locali e collocati nelle stalle dove l'umidità costante, dovuta alla presenza degli animali, era indispensabile alla tessitura del filato di canapa che essendo filato a mano, era di natura ruvido, rigido e poco scorrevole. La cooperativa "Lou Dzeut”, nata nel 1989 da un gruppo di donne locali, continua oggi la rinomata attività artigianale tessendo a mano la tela di canapa, confezionando e ricamando lavori che raccontano una storia e conservano una memoria che garantisce prodotti unici e di qualità. L'ecomuseo della canapa, sorto in località Chardonney, è la ricostruzione reale di una stalla, spazio di vita e di lavoro ma anche di socializzazione. Era lo spazio di famiglia dove si tramandavano leggende, conoscenze, dove si insegnava a leggere, filare e intagliare il legno. Questa stalla diventata sede dell'ecomuseo conserva integri arredi legati alla lavorazione della canapa come un telaio in legno e ordito, raro esempio storico culturale della tradizione locale.

LAVORARE A MANO

La canapa.

      Lo "Dzeut”, il germoglio della canapa, dà il nome alla cooperativa che a Champorcher esegue la lavorazione e la tessitura della canapa esattamente come avveniva dal dodicesimo secolo in poi. Come allora, anche se in scala molto più limitata, rinasce dunque la coltura della canapa, per uso tessile. Nel comune di Hône, infatti, come tanti anni fa, si è reintegrata la coltivazione di questa pianta. La coltura della canapa è semplice, la pianta è particolarmente resistente alla siccità, non necessita né di trattamenti, né dell'impiego di diserbanti e la qualità della fibra ottenuta in Valle è di grande pregio. Una volta le piante venivano raccolte all'inizio dell'autunno e quindi lasciate macerare nei "nex”, gli appositi incavi ricavati nel terreno. I fusti macerati erano quindi passati all'apposito frantoio collegato al mulino ad acqua per dividere le fibre.

 

       A questo punto si provvedeva a ricavare le fibre staccando la corteccia dal fusto della pianticella e queste venivano raccolte in matasse che raggiungevano Champorcher dove venivano pettinate, filate ed infine tessute sui telai. Quasi tutte le famiglie avevano in casa un telaio con cui producevano biancheria per la casa. Da alcuni anni La cooperativa "Lou Dzeut” ha riavviato la produzione di lenzuola, asciugamani e camicie in canapa naturale decorate con ricami, prodotti rifiniti con orli fatti a mano che, prevalentemente, vengono commercializzati direttamente, nei negozi dell'Istituto per l'artigianato di tradizione o nelle rassegne valdostane dell'artigianato tipico.

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 Un raccard per sempre.

Savoir-faire: i Raccard.

      Fin dal tardo Medioevo in Valle d'Aosta si costruivano granai per covoni in legno, detti raccard, utilizzati per l'essiccatura e la trebbiatura dei cereali. Il legname più utilizzato era quello di conifera, larice in primo luogo, ma anche pino silvestre, abete rosso e abete bianco. I tronchi venivano decorticati e potevano essere squadrati con l'ascia o divisi in tavoloni con la sega. Alcuni particolari costruttivi variano a seconda delle vallate e dell'epoca di costruzione. L'assemblaggio del frontone con una tavola inserita in un foro che trapassa verticalmente i tronchi è un sistema antico, diffuso tra i secoli XIV e XVI. Le chiavi lignee, due pertiche incuneate contro i tronchi della parete, sono una tecnica in genere più tardiva e maggiormente diffusa in molte comunità dell'envers della valle centrale. Diversi contratti fra committenti e costruttori, risalenti ai secoli XVII e XVIII, svelano come la costruzione fosse opera di maestranze specializzate, che operavano a volte anche molto al di fuori della comunità di appartenenza, diffondendo tecniche ed idee.

Savoir-faire: i tetti in lose.

      Attualmente, l'associazione dei posatori di lose, impegnata per la valorizzazione di questo mestiere tradizionale, tenta di reintrodurre la tecnica detta vecchio stile, l'unica esistente prima degli anni '50 del secolo scorso, che consiste nel posare le lose sull'orditura in legno, senza nessun sistema di ancoraggio. A partire dal dopoguerra, grazie alle nuove tecniche estrattive, le lose si presentano più grandi e più regolari, allora i posatori introducono una tecnica detta a poueun in francoprovenzale, creando l'effetto estetico della pigna. Un lavoro sfibrante quello dei losisti o lauzeurs: le lose erano estratte in cave locali e issate sui tetti prima di essere modellate per incastrarle perfettamente le une con le altre. L'obiettivo principale del posatore di lose è tuttavia la protezione totale dalle precipitazioni: perché l'acqua scorra da una losa all'altra, senza mai infiltrarsi all'interno, egli deve trovare un buon equilibrio tra un minimo di sovrapposizione delle lose e l'economia del materiale a disposizione. Esistono tetti che risalgono al XV e al XVI secolo, ancora con le loro lose originali, poiché queste sanno resistere molto bene all'erosione degli elementi.

ARCHITETTURA

Modelli architettonici.

      I modelli architettonici assumono marcate particolarità locali. I raccard sono ad esempio composti da un unico locale in molti comuni dell'envers della valle centrale e nella valle di Champorcher, mentre nella valle del Lys dei divisori interni separano il deposito per i covoni dai locali per la conservazione delle riserve alimentari. A Cogne il volume è spesso suddiviso in due o tre parti; in Val d'Ayas oppure in Valtournenche la struttura lignea è ripartita in spazi specifici per il deposito dei covoni, la battitura e la conservazione delle riserve. Accanto alle costruzioni principali a volte si realizzavano strutture più leggere, con un'ossatura portante in pali angolari e travi e pareti in tavole verticali. Si poteva trattare di piccole dépendance, costruite accanto a edifici in muratura o in legno, utilizzate per la conservazione del pane e delle granaglie.

COME SI COSTRUISCE

Storia di un tetto.

      Il posatore inizia il tetto ponendo le perfì, lose a forma di trapezio o di triangolo, per creare un bordo regolare e parallelo alla grondaia. Un'attenzione particolare deve essere posta alle tîte, cioè i bordi del tetto sui quali si mettono le lose più grandi: grazie al loro peso, queste rischiano meno di scivolare. Un bordo fatto bene è regolare e oltrepassa l'orditura del tetto di circa 10-25 centimetri. Sul colmo, si posizionano le cour, vale a dire lose piuttosto strette e lunghe, cementate perché non scivolino. Esistono infine tecniche che rischiano di essere dimenticate come la copertura in lose a livello della giuntura dei due versanti del tetto (queuille) e la copertura degli angoli di un tetto a padiglione.

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Valle d’Aosta: la calce e le pietre. 

Savoir-faire: la calce.

      Durante la costruzione delle case, la calce, mescolata alla sabbia e all'acqua, serve a legare tra loro le pietre in fase di posa e a realizzare gli intonaci. Conosciuta all'epoca romana, la calce è stata fabbricata sulle nostre montagne fin dall'alto Medioevo. Si estraevano le pietre calcaree, marmi soprattutto, dalle cave, non lontano dalle quali si trovava una fornéze. Ad ogni cottura di calce, un muratore costruiva all'interno della fornace una cupola di pietra calcarea e i fornaciai riempivano la parte alta con pietre da calce, dalle più grosse alle più piccole. In basso, accendevano un potente fuoco che, durava da 3 a 4 giorni. Le pietre calcaree trasformate in ossido di calcio diventavano friabili e, alla fine della cottura, la cupola crollava. La calce viva era pronta! Trasportata sui cantieri edili, si dava inizio alla seconda parte del ciclo della calce versando acqua su queste pietre cotte per "spegnerle” e ridurle a una pasta, il grassello. Con la calce, i muratori preparano la calcina ed eccellenti intonaci che all'aria induriscono. Le opere murarie realizzate con una malta di posa a base di calce presentano giunti permeabili al vapore acqueo.

Savoir-faire: i muri a secco.

      In passato si sono dissodati i versanti boscosi per creare terrazzi dove la terra spianata è sostenuta da muretti a secco, lé meur a cru in patois. Se si pensa agli attrezzi impiegati e alle tecniche di trasporto, tali lavori risultavano eroici: picchi, pale, gerle e barelle di legno per il trasporto delle pietre e della terra. Questi lavori di costruzione erano indispensabili per la coltivazione a secco dei cereali e per quella delle vigne a spalliera, ma anche per ridurre l'erosione in caso di piogge torrenziali. I muri regolavano lo scorrimento delle acque e le deformazioni dei versanti. Le persone addette al dissodamento, lé roncaté, partivano dal basso, dissodavano il terreno, togliendo alberi e radici, scegliendo le pietre e mettendo da parte la terra. Costruivano in basso il primo muro di sostegno, riempivano il vuoto dietro con pietre, dalle più grandi alle più piccole, e facevano in modo che l'ultimo strato fosse di terra. Poi passavano al secondo terrazzo, poi al terzo, e così fino alla cima dell'appezzamento. La posizione dei terrazzi si adattava alle asperità del rilievo e i materiali, erano posati direttamente creando le basi orizzontali dei muri, in cui le pietre si alternavano senza nessuna calcina.

MATERIALI D’ANTAN

L’intonaco.

      Prima dell'intonacatura esterna e della rabboccatura dei muri antichi in pietra, le opere murarie sono bagnate, affinché la sostanza dell'intonaco preparato si fissi chimicamente al supporto. L'impasto è gettato sul muro con la cazzuola. Lo strato di intonaco è in seguito ripartito in modo regolare, poi spianato con un frattazzo, sfregato con uno straccio rugoso o grattato, secondo l'aspetto finale desiderato. Nello stesso modo, durante il riempimento dei giunti, la calcina è lasciata in cavo per conservare il rilievo all'opera muraria o sfregata in superficie per addolcire il bordo delle pietreÈ Fondamentale è che l'intonaco e i giunti non si fessurino durante l'essiccazione. Con la lenta evaporazione dell'acqua, la calce, contenuta nell'intonaco, si cristallizza.

MATERIALI D’ANTAN

Da un terrazzo all’altro.

      Il muratore, esperto in muri a secco, posava le pietre più grosse e più pesanti alla base del muro. In alto terminava con una serie di pietre piatte sulle quali si poteva camminare o con un cordone di pietre posate di taglio. Per dare accesso da un terrazzo all'altro, il muratore inseriva nei muri lunghe pietre piatte che sporgevano ampiamente formando scalini in aggetto. Per le sorgenti che si incontravano, si prevedevano piccole vasche. Nelle vigne, per proteggere gli attrezzi, i muratori costruivano minuscoli ripari, le bouette, coperte di pietre posate in aggetto l'una sull'altra, con una volta a péra avanchà sulla quale erano direttamente poste le lose del tetto.

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Numero 8

Sua maestà il Porcino. 

Settembre nel bosco...

      In Cina erano chiamati "il cibo degli Dei”. Adorati dagli Egizi e dai Babilonesi, apprezzati dai buongustai Romani. Solo nel Medio Evo la loro fama presso la nobiltà venne leggermente offuscata dalla carne e dalla cacciagione; in questa epoca però, grazie ai conventi, entrarono nella cucina popolare. Il fungo fu considerato talmente prelibato e afrodisiaco da essere bandito dal Sant'Uffizio dalla dieta dei pellegrini perché distoglieva loro dall'idea della penitenza. I funghi non hanno foglie, fiori, fusto, radici: si riproducono per mezzo delle spore, dalla cui germinazione si forma il micelio, un intreccio di minutissimi filamenti, detti ife, seminascosti nel terreno o sotto lo strato fogliare. Essi hanno una grande importanza ecologica perché, assieme ai batteri, intervengono nella demolizione di residui organici permettendone così il riciclaggio. Il loro consumo è stato frenato in passato dalla paura della loro velenosità: anticamente si pensava che essi assorbissero i veleni presenti nel terreno e solo più tardi si riuscì a capire che il veleno è una caratteristica...

... porcini, ma non solo.

      ... costitutiva di alcuni di loro. Le condizioni ideali per la loro crescita sono una temperatura generalmente compresa tra i 15 e i 25 gradi e un certo grado di umidità nel terreno; è noto infatti che la maggior parte dei funghi esige un clima caldo umido per il suo sviluppo. Non è un caso che la produzione fungina raggiunga i suoi livelli più elevati nel periodo compreso tra la metà di agosto e la metà di ottobre. Le giornate afose che fanno seguito agli acquazzoni tardo-estivi sono il momento ideale per la loro formazione e quindi propizio per una buona raccolta. Si pensa che i funghi escano di notte e che quindi la mattina sia il momento giusto per raccoglierli, invece pare che le ore pomeridiane siano quelle più adatte per la loro ricerca. Due sono gli attrezzi di un buon raccoglitore di funghi, oltre ad un paio di calzature adatte a camminare nel bosco: un buon bastone di legno che permette di spostare rametti, cespugli ecc. e un cesto di vimini che lascia cadere in terra le spore assicurando così un futuro alla specie fungina.

CURIOSITÀ

Gocce di penna.

      Una leggenda tramandata dallo scrittore greco Pausania (II secolo d.C.) dice che: "... l'eroe Perseo, dopo un lungo ed estenuante viaggio, stanco e assetato, si poté ristorare con l'acqua raccolta nel cappello di un fungo. Decise allora di fondare in quel luogo una nuova capitale e di chiamarla Micene (dal greco mykes, "fungo”) dando così vita ad una delle più importanti civiltà del passato: quella micenea”. Così scrive Plinio il Vecchio in epoca romana: "Tra le piante che è rischioso mangiare, mi sembra giusto mettere anche i boleti: li ha portati sotto accusa un fatto enorme nella sua esemplarità: l'avvelenamento compiuto per loro tramite dell'imperatore Tiberio Claudio da parte della moglie Agrippina, che con tale atto diede al Mondo, e innanzitutto a se stessa, un altro veleno, il proprio figlio Nerone”.

LO FACCIO ANCH’IO

Tagliatelle ai funghi porcini.

      Una delle ricette più semplici e gustose è una buona pasta con i funghi porcini. Di seguito il procedimento per realizzarla: taglia i funghi in senso longitudinale, metti in padella dell'olio extravergine e uno spicchio di aglio. Lascia poi soffriggere e quando sei alla giusta temperatura unisci i funghi facendo rosolare il tutto. Aggiungi infine una manciata di prezzemolo e lascia riposare. In un'altra pentola fai cuocere la pasta. Giunta a cottura, mettila in padella con i funghi e fai andare il tutto a fuoco basso in modo da amalgamare i sapori, aggiungendo se vuoi una grattatina di pepe nero. Impiatta, versa un bicchiere di Petite Arvine di una vendemmia non recente e goditi l'inebriante profumo!

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 La Valle d’Aosta e i suoi vitigni.

Uve di casa...

      "Regione forse non havvi, che, come la Valle d'Aosta in brevi limiti ristretta, offra più svariati e singolari fenomeni al naturalista, e che più superba vada per vetuste memorie: qui rocce, fossili, metalli, acque minerali di più ragioni; qui piante, ed animali di diversi climi; qui le più alte montagne d'Europa coronate da immensi ghiacciai; ma qui ancora il cielo, il sole d'Italia, il tepore delle sue più meridionali regioni” così Lorenzo Francesco Gatta descrive la nostra regione nel suo saggio sulla viticultura valdostana. Possiamo considerare la Valle d'Aosta come un territorio dove convivono vitigni autoctoni e vitigni internazionali. I primi si trovano solamente nel nostro territorio e rappresentano piccole perle che si distinguono per le loro caratteristiche e per i vini inimitabili che ci donano. L'unico bianco autoctono valdostano è il Prié Blanc, che troviamo nella zona della Valdigne, alle pendici del Monte Bianco. Comunemente conosciuto come Blanc de Morgex et de La Salle, lo storico vitigno a piede franco, mai attaccato...

... vitigni per tutti i gusti.

      ... dalla fillossera, viene coltivato a una altezza variabile tra i 800 e i 1200 metri slm. Gli altri autoctoni sono tutti a bacca rossa, alcuni più conosciuti e altri meno, ma in ogni caso tutti con produzioni di qualità. Il più diffuso è il Petit Rouge: esso, oltre ad essere vinificato in purezza, è anche presente in buona percentuale in molti vini quali il Torrette, l'Enfer e lo Chambave, tanto per citare i più conosciuti. In bassa valle fa da padrone il Picotendro, un clone del nebbiolo, che fa da base ai vari Donnas e all'Arnad Monjovet, ma che possiamo trovare anche in purezza. Da qualche anno si è fatto largo il Fumin, dal quale otteniamo un vino di struttura e dal colore intenso: anticamente veniva usato per dare corpo e colore a vini più "deboli”. Troviamo inoltre Il Cornalin, il Mayolet, la Premetta, il Vien de Nus, il Vuillermin, ma esistono anche varietà meno conosciute e con quantità di produzione limitatissime quali la Crovassa ed i rarissimi Bonda e Roussin. In Valdigne la Cave Mont Blanc sta sperimentando il Roussin de Morgex dal colore rosato.

VITIGNI D’OLTRALPE

Vitigni internazionali.

      Altri vitigni, i cosiddetti internazionali, trovano spazio in Valle d'Aosta e, grazie alle caratteristiche climatiche e territoriali, ci donano vini di alta qualità. Gli esempi più celebri sono lo Chardonnay, il Muller Thurgau, il Pinot Grigio (presente anche con una selezione locale chiamata Malvoisie), il Moscato Bianco dal quale otteniamo un ottimo passito, il Merlot, il Pinot Noir, il Syrah e il Gamay (Francese). Un cenno particolare alla Petite Arvine, vitigno di origine Svizzera che nella nostra regione ha trovato una sua particolare collocazione e dal quale si ottiene un vino unico e di alta qualità. Questo nostro patrimonio ci permette di avere vini di ogni tipo che possono sostenere un'altra ricchezza valdostana: la produzione alimentare.

LO FACCIO ANCH’IO

Carbonada alla valdostana.

· 8 etti di polpa magra di manzo tagliata a dadini
· 3 cipolle di media grandezza
· 2 foglia di alloro e chiodo di garofano
· 2 pizzichi di cannella
· una manciata di farina e mezzo etto di burro
· brodo di carne
· Vino rosso Torrette

Infarinare la carne, soffriggerla nel burro, sgocciolarla e metterla da parte. Nello stesso tegame dorare la cipolla tagliata a rondelle, mettere un mestolo di brodo e lasciare cuocere a fuoco basso sino ad asciugarla. Aggiungere la carne, l'alloro, la cannella, i chiodi di garofano e il sale. Versare il vino sino a ricoprire la carne e lasciar cuocere a fuoco basso con coperchio. Se necessita, allungare con il brodo. Servire con polenta fumante piuttosto soda.

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Augusta Praetoria. 

Un po’ di storia...

      Sede nel 2900 a. C. di uno stanziamento megalitico, nel II secolo a.C. la Valle d'Aosta fu occupata dai Salassi, una popolazione di stirpe ligure-gallica, che dovettero ben presto difendersi dalle mire espansionistiche dei Romani, interessati ad assumere il controllo di un territorio molto importante per la sua posizione strategica. Nel 25 a.C. sconfitti i Salassi, Augusto fondò una città e vi inviò tremila soldati delle corti pretoriane. I romani si diedero da fare per organizzare una cittadella fortificata, che garantisse la percorribilità delle vie consolari che collegavano l'alta Italia con l'Europa nord occidentale. Nata al culmine di una straordinaria sperimentazione urbanistica, la cittadella romana raccoglie e sintetizza le migliori esperienze architettoniche della Roma imperiale: la pianta, rigorosamente rettangolare, ha il lato maggiore di 724 metri e quello minore di 572 metri ed è sistemata topograficamente con l'asse maggiore parallelo all'andamento della valle, nell'ansa che precede l'incontro del torrente Buthier con la Dora.

... Aosta e le sue origini.

      centrale è l'asse rettilineo del "decumanus maximus”, quel tratto della strada delle Gallie che, proveniente da Roma, passava sotto l'Arco di Augusto e dalla Porta Praetoria conduceva alla corrispondente porta occidentale. Ad accogliere i viandanti era l'Arco onorario e, superate le mura attraverso la Porta Praetoria, s'incontrava l'imponente Teatro la cui facciata, alta 22 metri e ancora oggi ben visibile, era caratterizzata da una serie di contrafforti e alleggerita da tre ordini sovrapposti di finestre. Individuabili sono le gradinate che ospitavano gli spettatori (cavea), l'orchestra (il cui raggio è di 10 metri) e il muro di scena che un tempo si innalzava col suo ricco prospetto ornato di colonne, di marmi e di statue. Si è calcolato che il Teatro potesse contenere tre o quattromila spettatori. Aosta mantenne le dimensioni della città romana per diversi secoli e le opere idrauliche per l'adduzione e lo scolo delle acque furono utilizzate fin quasi all'età moderna. Caduto l'impero romano, le successive invasioni barbariche la distrussero quasi completamente.

GIOIELLI NASCOSTI.

La villa della Consolata.

      A nord-est della città, in posizione dominante, sono stati ritrovati i resti, in buono stato di conservazione, di una vasta residenza costruita a ridosso di un imponente muro di terrazzamento. La parte più interna si sviluppava intorno ad un atrio tetrastilo, in affaccio sul quale si trovavano da ovest a est un vano di ricevimento con abside rettangolare e un balneum. Alle spalle di questa disposizione, illuminata dall'atrio, erano sistemati vani funzionali come magazzini, depositi e una cucina, che ospitava il præfurnium dell'impianto termale. Inoltre sono state identificate con sicurezza due stanze da letto: cubicula, i cui rivestimenti dei pavimenti sono caratterizzati da stesure di cementizi decorate da tessere musive. La sala dei banchetti reca la demarcazione dei posti per i letti disposti a U intorno a una mensa, mentre nelle camere, la decorazione geometrica bicolore forma dei pannelli simulando dei tappeti. La villa, avendo anche un carattere di rappresentanza, apparteneva probabilmente ad un personaggio pubblico implicato nel grande cantiere per la costruzione di Augusta Prætoria.

 


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 Lo Pan Ner in Festa!

LA TRADIZIONE IERI

      Sabato 24 ottobre il profumo del pane fragrante appena cotto avvolgerà l'intero territorio della regione, 50 comuni della Valle d'Aosta accenderanno i forni frazionali per cuocere in contemporanea il pane nero. Una tradizione antica che si trasmette di generazione in generazione in ogni vallata e che quest'anno avrà una giornata dedicata. La preparazione del pane diventerà strumento per far conoscere antichi saperi mai persi, richiamando alla memoria gesti e sapori della tradizione. I tempi dell'impasto, della lievitazione e della cottura saranno occasione per scoprire ciò che sta intorno al forno, per fare amicizia con la gente, per imparare antichi saperi e diventare protagonisti di un mondo che ogni volta rinnova la magia della semplice storia dell'uomo e delle famiglie.

L’EVENTO OGGI

      Il 24 ottobre in Valle d'Aosta si può degustare il pane nero di tradizione in più di 50 forni accesi. Per un giorno, e solo per un giorno, 50 comuni in festa ti accolgono con eventi e intrattenimenti. Aosta ti aspetta per la Boconà, un happy hour dove potrai degustare delizie dolci e salate legate al pane e abbinate al vino più indicato. Dal 15 al 25 ottobre Aosta ospiterà nelle sale dell'Hôtel des Etats un'esposizione degli oggetti della panificazione. Immagini del passato ne illustreranno l'utilizzo, ma non mancherà uno sguardo al futuro. Anche le numerose biblioteche della Valle d'Aosta parteciperanno all'evento proponendo letture e ricerche culturali tematiche.

La tradizione continua ...

 

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Numero 7

Quest’estate... think pink! 

Bianco, rosso...

      Vini piacevoli, freschi e profumati, molto versatili, eppure sono vittime di pregiudizi, considerati da taluni come vini minori e questo grazie anche alla loro scarsa conoscenza. Il fatto di essere collocati tra i vini bianchi e i vini rossi fa sicuramente apparire il rosato come un vino anonimo. Il pregiato vino rosé si ottene con delle tecniche specifiche di produzione e non come si potrebbe anche pensare miscelando dei vini bianchi con dei vini rossi. Il rosé è il frutto di uve a bacca rossa che vengono lasciate macerare, dopo la pigiatura, sulle bucce per alcune ore. Un'altra tecnica viene chiamata "saignée” ovvero sanguinamento e consiste nel prelevare una quantità di mosto prodotto da uve rosse, dopo un breve periodo di macerazione sulle bucce, in genere entro le 24 ore e dopo che il processo di fermentazione è avviato, si lavora in seguito con le stesse tecniche di produzione del vino bianco. La Francia ha una grande tradizione nella produzione di questi vini e ora anche in Italia essi iniziano ad avere un grande mercato. La loro principale caratteristica è senza dubbio...

... o Rosé!

      ... la versatilità, essi sono adatti in tutti quei casi dove un vino bianco è poco e un vino rosso è troppo, la loro freschezza e il loro basso contenuto di tannini ci permette infatti di servirli a basse temperature e ci offre una grande disponibilità di abbinamento con il cibo. Grazie alla loro morbidezza ed alla loro freschezza possiamo tranquillamente abbinarli a delle paste al pomodoro, oppure ripiene o ancora al forno, hanno un loro perchè anche con una pizza, sono speciali con il pesce e in modo particolare con le zuppe. Le loro caratteristiche gli permettono anche di accompagnare delle preparazioni a base di carni e in special modo di carni bianche, con preparazioni di verdure e sono ottimali con tutti i tipi di salumi, buoni sui formaggi freschi, con gli sfornati e le parmigiane nelle varie versioni. Provate uno spumante metodo classico rosato su di un piatto povero composto da fagioli cotti lentamente in una padella di coccio con una base di cipolle, un filo di pomodoro, sale e una grattatina di pepe uniteci, in ultimo, delle fette di cotechino cotto. Delizia!

CURIOSITÀ

D’Annunzio Rosé.

      D'Annunzio amava le rose quasi quanto le donne: troviamo rose nei suoi giardini, sulle stoffe damascate, usò petali di rosa come soprammobili e rose persino nei bagni. Un piatto squisitamente "belle époque” che non mancava mai alla tavola del Vate era il riso alle rose. Ne risultava un sapore profumato e delicato ed un colore rosato che richiamava quello delle sete orientali nei primi decenni del '900. Si racconta che per conquistare il cuore della bella Duse, la invitasse a numerose cene con una tavola sfarzosa a base di questo delicato fiore. Cascate di champagne rosé, centrotavola di rose fresche profumatissime, e l'immancabile risotto afrodisiaco a base dei loro petali.

LO FACCIO ANCH’IO

Risotto ai petali di rosa.

      Togliete tutti petali ai boccioli, levando loro l'unghia bianca alla base di ognuno e fatene appassire metà con una parte di burro. Quando saranno dorati aggiungete il riso, salando il giusto e profumando con noce moscata e pepe bianco. Appena il riso inizia a prendere colore, bagnatelo col vino rosato e con un poco di brodo: a mezza cottura si aggiungeranno i petali rimasti. Ultimata la cottura mantecherete col burro e la panna fresca precedentemente mescolata ad un poco di miele. Amalgamate il tutto, aggiungete il parmigiano e una goccia di essenza di rose. Per non sbagliare quest'ultimo passaggio, sciogliete una lacrima di essenza di rosa in un dito d'acqua tiepida. Servite subito, accompagnandolo con lo stesso vino rosé utilizzato per la cottura.

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Antichi saperi per nuovi sapori. 

La tradizione del Genepì.

      Genepì è il nome autoctono di un insieme di piante della famiglia Artemisia che si sviluppa tra i 2000 e i 3200 metri di altitudine: Artemisia Genipi e Artemisia Umbelliformis sono le specie più utilizzate. La ricetta del Genepì, che risale probabilmente al Medioevo, in seguito alla padronanza delle tecniche di distillazione, presenta numerose varianti, secondo la regione, la tradizione familiare, il gusto degli estimatori. Il numero delle piante necessarie può variare, come le modalità e i tempi dell'essiccazione, che si stima intorno alle due settimane. Quanto all'alcol utilizzato per la macerazione, può trattarsi di alcol puro, che sarà diluito circa al 50%, o di acquavite, per una gradazione alcolica finale tra i 30 e i 40 gradi. Il tenore di zuccheri, infine, può variare molto secondo la forza cercata nella bevanda e può oscillare tra i 100 e i 250 grammi per litro di alcol. Elisir, il genepì è conosciuto per le sue proprietà aromatiche ma non solo, usato con moderazione, è tuttavia raccomandato per le malattie da raffreddamento e per la digestione.
www.valledaosta.coldiretti.it

La riscoperta del Sidro.

      Il frutteto tradizionale preservava la varietà delle coltivazioni, legata alle necessità della conservazione: i frutti erano scelti in funzione delle loro proprietà nutritive, in vista di diversi tipi di trasformazione. Il sidro nasce dalla ricerca di frutteti ombreggiati, dal suolo imperfetto, dai frutti irraggiungibili: conosciuto da secoli, rispecchia le colture autoctone e i gusti del territorio, poiché un buon sidro richiede un insieme di varietà di mele dal buon tenore di zuccheri, dalla forte presenza di tannini e da aromi in abbondanza. La mela è un elemento insostituibile dell'alimentazione valdostana. Numerose specie di meli caratterizzano il paesaggio regionale dalle epoche più remote, grazie all'altitudine media e al clima piuttosto secco, i frutti maturano bene, senza eccessivi trattamenti antiparassitari, presentano proprietà aromatiche superiori e si conservano bene durante l'inverno. Caduto in disuso durante il secolo scorso, il sidro è oggi oggetto di una valorizzazione che sposa alcuni gesti della tradizione con le tecniche più evolute, per adattarsi ai gusti dei nostri contemporanei.

LA PIANTA

Rispettare e proteggere.

      Grazie alla varietà dei suoi microclimi e alle particolarità del suo territorio, la Valle d'Aosta vanta una vasta ricchezza floreale. Al fine di preservare questi spazi incontaminati attualmente la legge regolamenta e limita la raccolta delle piante di alta montagna come il genepì. L'uomo ha vinto la sfida di riprodurre tale patrimonio prezioso nell'ambito di coltivazioni rispettose dell'ambiente e che concentrano in sé tutta la ricchezza dello spazio naturale. La coltivazione del genepì è praticata ad un'altitudine inferiore rispetto al suo ambiente originale: si tratta di un lavoro difficile, che richiede un impegno di diversi anni. Così che i coltivatori di genepì, organizzati all'interno di un'associazione, forniscono l'essenza più preziosa della più nobile e più alta tra le specie alpine usata per la preparazione dell'omonimo liquore.

COME FARLO

Dalla Mela al Sidro.

      Esiste un metodo antico dove le mele sono triturate e il mosto è conservato al freddo, poi raccolto in un tino dopo una fermentazione spontanea, prima di essere imbottigliato previa pastorizzazione. Quanto al metodo classico, che corrisponde al metodo champenois del vino, questo prevede la triturazione, lo spillamento, una fermentazione con l'arricchimento di lieviti, l'imbottigliamento e lo scarico. Il sidro può pertanto avere un tenore alcolico molto variabile e può essere realizzato con o senza l'aggiunta di lieviti. Infine la fermentazione può aver luogo interamente prima dell'imbottigliamento oppure questo può essere effettuato in una fase intermedia della fermentazione che si concluderà in bottiglia per un effetto frizzante.

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 Antichi saperi per nuovi sapori.

La Carne sotto Sale.

      Il patrimonio bovino valdostano è costituito quasi integralmente da razze autoctone. Si tratta della valdostana pezzata rossa, la pezzata nera e la castana, che sono diverse tra di loro per carattere, colore del manto e conformazione della testa e delle corna. La prima, è la migliore produttrice di latte. Salami, salsicce, sanguinacci, prosciutti, lardo e carne secca sono conservati grazie all'azione del sale: questo secca le carni, il che è un primo fattore di conservazione, ma in più favorisce la crescita dei fermenti lattici naturalmente presenti nella carne i quali distruggono i batteri patogeni producendo l'acido lattico. La "tseur achétaye” è una di quelle pietanze ottenute adottando una tecnica tradizionale di conservazione della carne. I pezzi di coscia o di spalla sono posti in un recipiente (un tempo in terracotta o legno), alternandoli con strati di sale e di piante aromatiche (aglio, salvia, alloro, rosmarino, ginepro, timo) secondo le usanze locali, il tutto perfettamente coperto di salamoia per un periodo che può andare da una a tre settimane.

Dalle Noci all’Olio.

      Le noci permettono di fabbricare un olio profumato e benefico, che ha costituito per molti anni l'unico grasso di origine vegetale nell'alimentazione valdostana. Dal momento che i noci sono alberi alti e imponenti, si tratta di scuoterne i rami per far cadere il più grande numero possibile di noci che si raccolgono in seguito dal suolo: è la bacchiatura che si effettua servendosi di lunghe pertiche. Dopo l'essiccazione, bisogna rompere i gusci e separare i gherigli. Da 10 chili di noci si ottengono circa tre chili di gherigli. La tecnica ancestrale prevede di schiacciarli con l'aiuto di una macina. La pasta ottenuta è avvolta in un telo e passata al torchio. Secondo le tradizioni locali, è possibile scaldare la pasta in un paiolo, mescolando finché non cambia colore: le caratteristiche gustative e olfattive delle noci si preservano meglio nel caso della fabbricazione a freddo, ma la resa è leggermente inferiore. Tenendo conto delle diverse tipologie di materia prima come anche delle tecniche adottate, la resa in olio oscilla tra 4 e 5 litri per 10 chili di gherigli.

MUCCHE VALDOSTANE

Carne e conservazione.

      Le tre razze valdostane hanno una grande capacità di locomozione, un adattamento ai climi difficili e un'eccellente resistenza: le mucche ideali per l'economia agropastorale alpina! Oggi esiste una tracciabilità rigorosa della carne lungo tutta la filiera, dal produttore al consumatore, al fine di garantire l'origine delle produzioni, il che permette l'esistenza di un marchio specifico per la carne valdostana. Se nei tempi moderni gli apparecchi di refrigerazione permettono la conservazione della carne, un tempo questa era un cibo legato ad occasioni eccezionali. La possibilità di refrigerare ha sviluppato una larga gamma di savoir-faire che ha saputo conservare tutto il suo spazio ai giorni nostri, grazie alla ricchezza insospettabile dei sapori e delle consistenze.
www.arev.it

NON SOLO NOCI

Conservare l’olio di noci.

      Dai maestosi noci, cadono alla fine dell'estate le noci, un frutto prezioso, ricco di elementi nutritivi. Ai giorni nostri, produrre l'olio di noce significa anche occuparsi della coltivazione del noce, un albero riccamente simbolico della nostra cultura e di preservare l'ambiente. L'olio di noce irrancidisce abbastanza rapidamente: per una migliore conservazione, la tradizione ci insegna a introdurre alcuni grani di sale nella bottiglia d'olio che va conservata in luogo fresco e al riparo dalla luce. Quest'olio prezioso è benefico per la salute e arricchisce la tavola di profumi e di sapori insoliti, gli esperti di gastronomia lo propongono ormai in abbinamento con un buon numero di prodotti della terra, dalle verdure alla carne, passando per i formaggi e anche aggiungendo un piccolo tocco molto personale ai dessert.

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Natura in Valle d’Aosta. 

Cosa fare e
cosa vedere con
Viva, Valle d’Aosta
unica per natura!

1 AGOSTO
● FIORI AD ARTE
Un'attività di disegno, ludico e non tradizionale, per imparare nuove e divertenti tecniche di disegno e rappresentare i particolari fiori presenti sul territorio.
— Giardino botanico alpino La Chanousia
La Thuile

4 AGOSTO
● MICROMONDI
Un laboratorio a cielo aperto per conoscere il concetto di ecosistema, interagendo con i suoi diversi elementi. L'attività consiste nella realizzazione di "micromondi”, riproduzioni in scala dell'ambiente visitato.
— Riserva Naturale Lago di Villa

Challand-Saint-Victor

5 AGOSTO
● I 1000 Colori delle Cima Bianche
Una Guida escursionistica naturalistica vi accompagnerà all'”ingresso” del suggestivo Vallone delle Cime Bianche e un bel sacco di juta con tante cose buone prodotte dalle aziende locali sarà preparato per ogni partecipante!
— Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa

Ayas
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6 AGOSTO
● ZOOM non siamo piccoli cosi!
Lo spettacolo è un'entusiasmante avventura alla scoperta della biodiversità condotto da un improbabile gruppo di insetti e piccoli anfibi. La rappresentazione è introdotta da una speciale visita alla riserva naturale!
— Riserva naturale Côte de Gargantua
Gressan

7 AGOSTO
● CREANATURA
L'attività vuole avvicinare ad ambienti naturali protetti di grande valore paesaggistico e naturalistico, con un approccio alternativo ed emotivo, stimolando la scoperta attraverso attività artistiche in natura e con la natura.
— Riserva Naturale Marais di Morgex-La Salle
Morgex-La Salle

8 AGOSTO
● FLORA E FAUNA A REGOLA D'ARTE
Giochi di illustrazione, per osservare, fissare nei ricordi ed approfondire il luogo circostante, ma soprattutto divertirsi attraverso giochi guidati che stimolano la creazione, la curiosità e la creatività.
— Ambienti d'alta quota del Colle del Gran San Bernardo
Saint-Rhemy-En-Bosses
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11 AGOSTO
● LA VIA DEI 5 SENSI
L'attività vuole avvicinare ad ambienti naturali protetti, con un approccio alternativo ed emotivo, stimolando la scoperta attraverso attività artistiche in natura e con la natura. L'attività include una facile passeggiata di avvicinamento alla riserva.
— Riserva naturale Lago di Lolair
Arvier

13 AGOSTO
● ESPLORARE AD ARTE
Attraverso l'osservazione, la raccolta, la documentazione fotografica, il disegno ed i colori ogni partecipante potrà osservare attentamente, analizzare ed approfondire l'ambiente circostante. Al termine dell'escursione si comporranno originali elaborati: scritti, disegni ed assemblage. Ogni partecipante potrà comporre in maniera ludica, espressiva, unica ed originale il proprio elaborato come ogni vero esploratore-artista che si rispetti.
— Ambienti glaciali del Monte Bianco
Lago del Miage - Courmayeur

13 AGOSTO
● ZOOM non siamo piccoli cosi!
Lo spettacolo è un'entusiasmante avventura alla scoperta della biodiversità condotto da un improbabile gruppo di insetti e piccoli anfibi. La rappresentazione è introdotta da una speciale visita alla riserva naturale!
— Riserva naturale Lago di Lolair
Arvier

14 AGOSTO
● SEMI IN VIAGGIO
Un percorso conoscitivo fatto di giochi e sperimentazioni, finalizzati a far emergere l'importantissimo ruolo dei semi nella natura.
— Riserva Naturale Marais di Morgex-La Salle
Morgex-La Salle
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18 AGOSTO
● SEMI IN VIAGGIO
Un percorso conoscitivo fatto di giochi e sperimentazioni, finalizzati a far emergere l'importantissimo ruolo dei semi nella natura.
— Riserva naturale Les Iles
Saint-Marcel

20 AGOSTO
● LA RISERVA IN 10 PAGINE
L'attività intende stimolare la capacità di osservare le specie vegetali, interpretare quanto osservato e documentarlo in base alla propria sensibilità personale.
— Riserva Naturale Marais di Morgex-La Salle
Morgex-La Salle

25 AGOSTO
● SEMI IN VIAGGIO
Un percorso conoscitivo fatto di giochi e sperimentazioni, finalizzati a far emergere l'importantissimo ruolo dei semi nella natura. — Riserva Naturale Lago di Villa
Challand-Saint-Victor

27 AGOSTO
● Naturalmente in alpeggio!
Una Guida escursionistica naturalistica vi accompagnerà nel pianoro di Verra, splendido punto per ammirare il Massiccio del Monte Rosa. Un bel sacco di juta con tante cose buone prodotte dalle aziende locali sarà preparato per ogni partecipante!
— Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa
Ayas
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Sul sito www.vivavda.it troverete descrizioni dettagliate per ogni area naturalistica, sentieri suggeriti, le strutture ricettive ecosostenibili che aderiscono a Viva e le attività proposte.

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Numero 6

 Appuntamento con la natura

La Valle d'Aosta ti invita a scoprire le sue aree protette con l'Open Day Natura una giornata alla scoperta delle aree naturali protette, dei siti Natura 2000 e dei giardini botanici alpini, accompagnati dalle guide escursionistiche della Valle d'Aosta.

Consulta il programma su www.vivavda.it

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Emozioni di natura! 

I parchi. Parco Nazionale Gran Paradiso e Parco Naturale Mont Avic. Le Riseve Naturali. Lago di Lolair, Marais di Morgex e La Salle, Stagno del Loson, Côte de Gargantua, Stagno di Holay, Lago di Villa, Mont Mars, Les Iles di Saint-Marcel, Montagnayes, Tsatelet. I siti Natura 2000.

I giardini botanici. Castel Savoia, Chanousia, Paradisia, e Saussurea. Viva, Valle d'Aosta unica per natura, tutela e promuove anche luoghi meno conosciuti, dove farfalle, uccelli migratori, rane, aquile, gipeti e ungulati, rappresentano una biodiversità straordinaria tutta da scoprire!

Sul sito www.vivavda.it troverete descrizioni dettagliate per ogni area naturalistica, sentieri suggeriti, le strutture ricettive ecosostenibili che aderiscono a Viva e le attività proposte.

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 Non una semplice vacanza!

Viva, Valle d’Aosta unica per natura, è un progetto nato per promuovere un turismo eco-sostenibile e una fruizione del territorio che rispetti la tutela delle aree naturali. Partecipare alla bellezza della regione collaborando con le attività produttive, i turisti e le comunità locali, è possibile in un territorio che vuole...

... diffondere un concetto di turismo responsabile e consapevole. Il viaggio deve essere un'esperienza visiva e tattile, un desiderio di conoscere e ascoltare prima con l'immaginazione e poi con il corpo. Il fischio di una marmotta, un camoscio all'improvviso, un mirtillo da cogliere, due passi per vivere e difendere la bellezza!

Sul sito www.vivavda.it troverete descrizioni dettagliate per ogni area naturalistica, sentieri suggeriti, le strutture ricettive ecosostenibili che aderiscono a Viva e le attività proposte.

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 Luglio e agosto

7 LUGLIO
● CREANATURA
L'attività vuole avvicinare ad ambienti naturali protetti, con un approccio alternativo ed motivo, stimolando la scoperta attraverso attività artistiche in natura e con la natura. L'attività include una facile passeggiata di avvicinamento alla riserva.
— Riserva naturale Lago di Lolair

Arvier

9 LUGLIO
● LA VIA DEI 5 SENSI
Il percorso sensoriale condurrà alla scoperta e riappropriazione dei canali sensoriali per "leggere” la natura che li circonda in modo completo, percependone al meglio bellezza e unicità.
— Riserva Naturale Marais di Morgex - La Salle
Morgex-La Salle

10 LUGLIO
● I 1000 Colori delle Cima Bianche
Una Guida escursionistica naturalistica vi accompagnerà all'"ingresso” del suggestivo Vallone delle Cime Bianche e un bel sacco di juta con tante cose buone prodotte dalle aziende locali sarà preparato per ogni partecipante!
— Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa
Ayas

12 LUGLIO
● IL CANNETO ILLUSTRATO
Un'attività di disegno, ludico e non tradizionale, per imparare nuove e divertenti tecniche di disegno e rappresentare l'ambiente circostante.
— Riserva Naturale stagno di Loson
Verrayes

14 LUGLIO
● MICROMONDI
Un laboratorio a cielo aperto per conoscere il concetto di ecosistema, interagendo con i suoi diversi elementi. L'attività consiste nella realizzazione di "micromondi”, riproduzioni in scala dell'ambiente visitato.
— Riserva naturale Les Iles
Saint-Marcel

15 LUGLIO
● ESPLORARE A ARTE
Attraverso l'osservazione, la raccolta, la documentazione fotografica, il disegno ed i colori i partecipanti potranno osservare, analizzare ed approfondire l'ambiente. Al termine dell'escursione si comporranno originali elaborati: scritti, disegni ed assemblage. Ogni partecipante potrà comporre in maniera ludica, espressiva, unica ed originale il proprio elaborato come ogni vero esploratore artista che si rispetti.
— Miniere Di Saint-Marcel
Saint-Marcel

16 LUGLIO
● LA RISERVA IN 10 PAGINE
L'attività intende stimolare la capacità di osservare le specie vegetali, interpretare quanto osservato e documentarlo in base alla propria sensibilità personale.
— Riserva Naturale Lago di Villa
Challand-Saint-Victor
.................................

17 LUGLIO
● Naturalmente in alpeggio!
Una Guida escursionistica naturalistica vi accompagnerà nel pianoro di Verra, splendido punto per ammirare il Massiccio del Monte Rosa. Un bel sacco di juta con tante cose buone prodotte dalle aziende locali sarà preparato per ogni partecipante!
— Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa
Ayas

20 LUGLIO
● FARFALLE DI CARTA
Attività di osservazione per approfondire la conoscenza delle farfalle presenti in loco (con l'aiuto della guida escursionistica), e in seguito, (con la partecipazione dell'esperta in laboratori d'arte) manipolazione della carta per realizzare la propria farfalla di carta, colorata e decorata attingendo e prendendo spunto dalla particolare specie presente.
— Pont D'Ael
Aymavilles

21 LUGLIO
● MICROMONDI
L'attività vuole avvicinare ad ambienti naturali protetti, con un approccio alternativo ed emotivo, stimolando la scoperta attraverso attività artistiche in natura e con la natura. L'attività include una facile passeggiata di avvicinamento alla riserva.
— Riserva naturale Lago di Lolair
Arvier

23 LUGLIO
● CREANATURA
L'attivitàavvicina ambienti naturali protetti di grande valore paesaggistico e naturalistico, con un approccio alternativo ed emotivo, stimolando la scoperta attraverso attività artistiche in natura e con la natura.
— Riserva naturale Les Iles
Saint-Marcel

24 LUGLIO
● La pietra ollare
Una Guida escursionistica naturalistica vi accompagnerà alla scoperta dei segreti della pietra ollare con un bel sacco di juta con tante cose buone prodotte dalle aziende locali sarà preparato per ogni partecipante!
— Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa
Ayas

26 LUGLIO
● OPEN DAY DELLE AREE PROTETTE
Una giornata di porte aperte in tutte le aree protette e I siti Natura 2000 della Valle d'Aosta, con accompagnamento gratuito di guide escursionistiche.
— Tutti

28 LUGLIO
● LA VIA DEI 5 SENSI
L'attività intende stimolare la capacità di osservare le specie vegetali, interpretare quanto osservato e documentarlo in base alla propria sensibilità personale.
— Riserva Naturale Lago di Villa
Challand-Saint-Victor
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30 LUGLIO
● ZOOM non siamo piccoli cosi'!
Lo spettacolo è un'entusiasmante avventura alla scoperta della biodiversità condotto da un improbabile gruppo di insetti e piccoli anfibi. La rappresentazione è introdotta da una speciale visita alla riserva naturale!
— Riserva naturale Les Iles
Saint-Marcel

31 LUGLIO
● LA RISERVA IN 10 PAGINE
L'attività intende stimolare la capacità di osservare le specie vegetali, interpretare quanto osservato e documentarlo in base alla propria sensibilità personale.
— Riserva naturale Les Iles
Saint-Marcel

1 AGOSTO
● FIORI AD ARTE
Un'attività di disegno, ludico e non tradizionale, per imparare nuove e divertenti tecniche di disegno e rappresentare i particolari fiori presenti sul territorio.
— Giardino botanico alpino La Chanousia
La Thuile

4 AGOSTO
● MICROMONDI
Un laboratorio a cielo aperto per conoscere il concetto di ecosistema, interagendo con i suoi diversi elementi. L'attività consiste nella realizzazione di "micromondi”, riproduzioni in scala dell'ambiente visitato.
— Riserva Naturale Lago di Villa
Challand-Saint-Victor

5 AGOSTO
● I 1000 Colori delle Cima Bianche
Una Guida escursionistica naturalistica vi accompagnerà all'”ingresso” del suggestivo Vallone delle Cime Bianche e un bel sacco di juta con tante cose buone prodotte dalle aziende locali sarà preparato per ogni partecipante!
— Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa
Ayas

6 AGOSTO
● ZOOM non siamo piccoli cosi!
Lo spettacolo è un'entusiasmante avventura alla scoperta della biodiversità condotto da un improbabile gruppo di insetti e piccoli anfibi. La rappresentazione è introdotta da una speciale visita alla riserva naturale!
— Riserva naturale Côte de Gargantua
Gressan

7 AGOSTO
● CREANATURA
L'attività vuole avvicinare ad ambienti naturali protetti di grande valore paesaggistico e naturalistico, con un approccio alternativo ed emotivo, stimolando la scoperta attraverso attività artistiche in natura e con la natura.
— Riserva Naturale Marais di Morgex-La Salle
Morgex-La Salle

8 AGOSTO
● FLORA E FAUNA A REGOLA D'ARTE
Giochi di illustrazione, per osservare, fissare nei ricordi ed approfondire il luogo circostante, ma soprattutto divertirsi attraverso giochi guidati che stimolano la creazione, la curiosità e la creatività.
— Ambienti d'alta quota del Colle del Gran San Bernardo
Saint-Rhemy-En-Bosses
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11 AGOSTO
● LA VIA DEI 5 SENSI
L'attività vuole avvicinare ad ambienti naturali protetti, con un approccio alternativo ed emotivo, stimolando la scoperta attraverso attività artistiche in natura e con la natura. L'attività include una facile passeggiata di avvicinamento alla riserva.
— Riserva naturale Lago di Lolair
Arvier

13 AGOSTO
● ESPLORARE AD ARTE
Attraverso l'osservazione, la raccolta, la documentazione fotografica, il disegno ed i colori ogni partecipante potrà osservare attentamente, analizzare ed approfondire l'ambiente circostante. Al termine dell'escursione si comporranno originali elaborati: scritti, disegni ed assemblage. Ogni partecipante potrà comporre in maniera ludica, espressiva, unica ed originale il proprio elaborato come ogni vero esploratore-artista che si rispetti.
— Ambienti glaciali del Monte Bianco
Lago del Miage - Courmayeur

13 AGOSTO
● ZOOM non siamo piccoli cosi!
Lo spettacolo è un'entusiasmante avventura alla scoperta della biodiversità condotto da un improbabile gruppo di insetti e piccoli anfibi. La rappresentazione è introdotta da una speciale visita alla riserva naturale!
— Riserva naturale Lago di Lolair
Arvier

14 AGOSTO
● SEMI IN VIAGGIO
Un percorso conoscitivo fatto di giochi e sperimentazioni, finalizzati a far emergere l'importantissimo ruolo dei semi nella natura.
— Riserva Naturale Marais di Morgex-La Salle
Morgex-La Salle

18 AGOSTO
● SEMI IN VIAGGIO
Un percorso conoscitivo fatto di giochi e sperimentazioni, finalizzati a far emergere l'importantissimo ruolo dei semi nella natura.
— Riserva naturale Les Iles
Saint-Marcel

20 AGOSTO
● LA RISERVA IN 10 PAGINE
L'attività intende stimolare la capacità di osservare le specie vegetali, interpretare quanto osservato e documentarlo in base alla propria sensibilità personale.
— Riserva Naturale Marais di Morgex-La Salle
Morgex-La Salle

25 AGOSTO
● SEMI IN VIAGGIO
Un percorso conoscitivo fatto di giochi e sperimentazioni, finalizzati a far emergere l'importantissimo ruolo dei semi nella natura.
— Riserva Naturale Lago di Villa
Challand-Saint-Victor

27 AGOSTO
● Naturalmente in alpeggio!
Una Guida escursionistica naturalistica vi accompagnerà nel pianoro di Verra, splendido punto per ammirare il Massiccio del Monte Rosa. Un bel sacco di juta con tante cose buone prodotte dalle aziende locali sarà preparato per ogni partecipante!
— Ambienti glaciali del gruppo del Monte Rosa
Ayas
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Numero 5

 Passaggio nella storia.

Il Criptoportico forense...

      Sebbene il nome sia in parte greco e significhi portico coperto, tuttavia, l'applicazione di questo edificio, se non pure l'invenzione, è prettamente romana e presuppone l'uso completo della volta in muratura. Il criptoportico forense di Aosta, importante esempio di romanità, regala un'atmosfera suggestiva, quasi magica. Vi si accede da piazza Giovanni XXIII sul lato sinistro della Cattedrale, basta scendere qualche scalino per immergersi nell'epoca augustea. Illuminato magistralmente, ben conservato, si articola in tre bracci disposti a ferro di cavallo e divisi in due navate voltate a botte affiancate, con una sequenza centrale di archi ribassati, è senz'altro uno dei reperti archeologi della città più caratteristici da visitare. Una passeggiata nelle "viscere della terra” per provare ad immaginare come si viveva oltre 2000 anni fa e quale funzionalità e destinazione avesse questa bellissima testimonianza romana. Si è discusso molto sulla sua specifica destinazione, ...

... un trait d’union!

      ... si è pensato a una funzione strutturale di contenimento e di regolarizzazione del terreno, ma si può affermare che l'esemplare aostano potrebbe essere interpretabile come una struttura di prestigio legata tanto al culto imperiale, quanto all'autocelebrazione dei notabili locali così come delle corporazioni religiose o professionali cittadine. I criptoportici possono essere letti come una sorta di "cerniera” tra l'area sacra con i relativi edifici templari e il profano, cioè la vera e propria "pubblica piazza”. Il colonnato marmoreo (porticus triplex) che lo sovrastava (ormai distrutto e del quale non rimangono evidenze archeologiche in sito) fungeva invece da scenografica cornice ai due originari templi gemelli della terrazza sacra. Come sembrano poi documentare alcune carte medievali, le strutture del Criptoportico continuarono ad essere utilizzate anche nei secoli successivi, quando vennero trasformate in cantine e denominate, per consuetudine popolare, "Marché des Romains”.

LE ORIGINI

Il Foro

      L'organizzazione dell'impianto urbano di Augusta Prætoria risale alla sua fondazione in epoca augustea (25 a.C.). Dall'incrocio degli assi principali della viabilità cittadina, cardo e decumanus maximi, nasce un reticolo di vie ortogonali che suddividono lo spazio abitabile. A ridosso dell'intersezione delle due direttrici del traffico urbano è ubicato il complesso forense - centro della vita politica e religiosa della colonia - con il lato lungo occidentale gravitante sul cardo mentre il lato breve meridionale, sul decumanus. Il Foro di Augusta Prætoria si sviluppa su un'area con una naturale pendenza del terreno. Per risolvere il problema del dislivello venne adottata una soluzione a terrazza realizzando uno spazio superiore ed uno inferiore: quello sopraelevato definiva l'area sacra dove si ergevano due templi circondati da un criptoportico, quello più basso dava accesso all'area dedicata alle funzioni pubbliche dove, intorno alla piazza (platea), si affacciavano le botteghe, le tabernæ e gli uffici amministrativi.

LO FACCIO ANCH’IO

Epyterum.

      Snocciolare e tritare delle olive nere, possibilmente quelle molto grandi e seccate (le "passolone” siciliane, ad esempio, o similari), utilizzando un frullatore. Aggiungere lentamente un po' di olio e un po' di aceto. Poi aggiungere un pizzico di ruta (se disponibile altrimenti si può sostituire con poco prezzemolo e foglie di sedano), di semi di coriandolo, di cumino, di finocchiella selvatica, di menta. Si formerà in questo modo una sorta di paté che può essere conservato anche per più tempo in un barattolo di vetro in frigo. L'epyterum si può anche utilizzare mescolato con olive intere sempre dello stesso tipo.

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Verde in allegria e salute. 

Tutto il benessere...

      Aspharagos deriva dal greco e significa germoglio, parente dei mughetti e dei gigli questa pianta viene definita un dono della natura. Coltivato in Egitto, Asia Minore e Spagna da circa 2000 anni, furono trovate tracce di manuali che trattavano la sua coltivazione anche al tempo dei romani. Ma perchè viene definito un dono della natura? Gli asparagi sono ipocalorici hanno 25 calorie per circa 100 gr, sono ricchi di fibre, di vitamina C, di carotenoidi, di vitamina B, di sali minerali (fosforo, calcio e potassio), mangiando 100 gr di asparagi assumiamo circa il 75% della quantità quotidiana necessaria di acido folico (importante per la moltiplicazione delle cellule e la sintesi di nuove proteine). Essi sono inoltre depurativi e diuretici, eliminano il ristagno dei liquidi nei tessuti, hanno una funzione antidepressiva ma... hanno anche una contro indicazione, contenendo acido urico, sono deleteri per chi soffre di disturbi renali, cistiti e calcoli renali. Ci sono asparagi violetti, verdi o bianchi ma tutti hanno le stesse caratteristiche e rimangono i re...

... degli asparagi!

      ... delle tavole da Aprile a Giugno. Osservando le loro cime siamo in grado di valutarne la freschezza, se sono perfettamente chiuse e compatte gli asparagi sono sicuramente freschi e possono essere mantenuti in frigo per circa 7 giorni. Usati molto nella cucina italiana, francese e tedesca, generalmente sono usati nella preparazione di risotti, zuppe, vellutate ma lo troviamo anche fritto nei ristoranti cinesi accompagnato da pollo, gamberetti o manzo. L'asparago viene da sempre definito cibo afrodisiaco, nel Medio Evo veniva raccolto, oltre che per le sue proprietà terapeutiche, anche per questo. Pare che questa fama derivi soprattutto dalla loro forma lunga e turgida e per la sua velocità di crescita. Una antica ricetta contro la frigidità consigliava l'uso alle signore di asparagi avvolti in petali di rose da usarse come pillole, mentre per i maschietti si usavano i più grandi per curare impotenza e fertilità. A Bassano del Grappa dove si coltiva una qualità di asparagi molto grandi è ancora tradizione consumarli nel pasto di nozze ad uso propiziatorio.

LO FACCIO ANCH’IO

Gli asparagi, come cuocerli.

      Li possiamo consumare crudi tagliati a fettine finissime unendoli a insalate oppure cotti al vapore, una cottura particolare, infatti i gambi rimangono immersi nell'acqua e le punte restano fuori in modo da avere una cottura più lenta e meno intensa. Mi piace cucinare il riso con gli asparagi, faccio imbiondire la cipolla nel tegame, ci unisco il riso e lo faccio tostare, lo curo col brodo vegetale, salo quanto basta, cuocio a vapore gli asparagi, taglio i gambi e li frullo ottenendo una cremina densa, tengo da parte le punte e le passo in padella con del burro. Cinque minuti prima della fine della cottura del riso, aggiungo la crema ottenuta dalla frullatura dei gambi, lascio riposare ed unisco come guarnitura le punte passate precedentemente in padella, nel frattempo mi sono versato un calice di Gewurztraminer che andrò ad abbinare al mio piatto.

COLTIVAZIONE

L’asparagiaia.

      Con l'asparago ci vuole pazienza! Infatti per i primi due anni non avremo raccolto, perché i turioni prodotti dalla pianta andranno lasciati sul posto per dare loro modo di crescere e irrobustirsi. Sviluppo dell'asparagiaia:
· Il primo anno i turioni non vanno assolutamente toccati, ma li lasceremo allungare e ramificare fino alla formazione dei fiori e dei frutti.
· Il secondo anno potremo procedere, se proprio non resistiamo, ad una raccolta limitata, 4 o 5 turioni per ogni pianta.
· Il terzo anno finalmente potremo raccogliere i nostri sospirati asparagi! Però con attenzione e a mano a mano che sono pronti, perché lasciandoli troppo sul posto potrebbero diventare troppo fibrosi. I turioni verranno raccolti per circa quattro settimane tra aprile e giugno, quando avranno raggiunto la lunghezza di almeno 15 cm, staccandoli a circa cinque centimetri di profondità con l'apposito attrezzo o un coltellino ben affilato.
· Dal quarto anno in poi la produzione aumenterà gradualmente per poi iniziare nuovamente a scendere dopo il 10 anno di vita.

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 We are born to run!

Correre al naturale...

      Generalmente s'inizia a correre per dimagrire o perché stimolati ad iniziare piccole competizioni. Qualunque sia il motivo correre è sano, facile ed economico. Praticando questa attività con costanza si perde peso, correndo si ha infatti un grande dispendio calorico ed esiste anche una formuletta semplice per calcolarlo in maniera approssimativa, Kcal= 1x km percorsi x kg di peso corporeo. Per ottenere ottimi risultati è importante però seguire anche un regime alimentare adeguato. Correndo, non solo perdiamo peso, ma alleniamo il nostro cuore rendendolo più forte, aumentiamo la produzione di colesterolo buono, abbassiamo i trigliceridi, aumentiamo la capillarizzazione con conseguente abbassamento della pressione sanguigna, miglioriamo molto l'efficienza del nostro apparato muscolo scheletrico e, non ultimo, miglioriamo la risposta del nostro sistema immunitario. Inoltre molteplici sono i benefici psichici della corsa. Correndo si producono le endorfine che ci...

... sana passione!

... fanno sentire quella piacevole sensazione di benessere ed euforia che non finisce con l'allenamento, si riducono stress e tensioni e si aumenta l'autostima (vuoi mettere la gioia di raggiungere il tuo obiettivo in km). Se corri con la tua musica preferita nelle orecchie, il volume non deve essere alto, in modo da sentire eventuali rumori, ad esempio il sopraggiungere di un auto, per contro ti sembrerà di essere su un altro pianeta e una sensazione di euforica libertà invaderà la tua mente. Affinché porti benefici, l'approccio alla corsa deve essere graduale e costante. Non bisogna farsi scoraggiare dalla fatica, ne dalla pigrizia, è importante iniziare alternando corsetta e camminata fino ad arrivare a un'ora continua. Non rimandiamo la corsa al giorno dopo, non troviamo scuse di mille impegni, ci sarà un giorno in cui l'ora rubata al lavoro, alla famiglia o a qualsivoglia impegno, diventerà il beneficio prioritario di una qualità di vita migliore!

CARBURANTE

Dedicato a chi...

      La sola attività fisica non è sufficiente se non si associa ad essa una corretta alimentazione, occorre trasformare il cibo in carburante utile per ottenere buoni risultati. Per perdere un chilo di grasso bisognerebbe marciare in piano per circa 150 chilometri. Per uno sportivo la quota glucidica è assicurata da alimenti ricchi d'amido facilmente digeribile: pane, fette biscottate, grissini, cracker, pasta, riso e soprattutto zuccheri semplici come il glucosio che è più rapidamente utilizzato a livello muscolare. Gli amidi hanno un assorbimento e un'utilizzazione relativamente lenta; gli zuccheri semplici, specie il glucosio, rapidissima. Per i grassi, sono da preferire gli oli vegetali e il burro crudo. La razione proteica dovrebbe essere coperta in buona parte da proteine animali ad alto valore biologico (carne e pesce non grassi, uova, latte e formaggi).

LO FACCIO ANCH’IO

Farfalle integrali con broccoli.

      Farfalline integrali e bio con broccoli e filetto di merluzzo. Cuocere a vapore sia i broccoli, dopo averli mondati, che il filetto di merluzzo (posso usare anche quello congelato), una volta cotti metterli in padella insieme aggiungendo una spicchio di aglio (posso anche non metterlo) olio evo, sale q.b., una macinatina di pepe nero. In un'altra padellina fare tostare del pane grattato, cuocere le farfalline e versarle nella padella insieme ai broccoli ed al filetto di merluzzo, impiattare, aggiungere un filo di olio a crudo e spolverare con il pane grattato tostato. Un piatto leggero e nutriente da consumarsi con un vino bianco fresco.

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Tutto in un piccolo uovo! 

Bianco, giallo ...

      Semplice, povero, ricco, nutriente, buono, versatile, economico... ecco una serie di aggettivi che descrivono il più vecchio degli alimenti: l'uovo. Conosciuto e mangiato sin dai tempi della preistoria, amato dai Greci, destinato alle classi più importanti per gli Egiziani, in quanto alimento pregiato ed esclusivo, servito come antipasto (Gustatio) insieme a pane, olive e vino dai Romani e riservato solo agli ospiti più prestigiosi, l'uovo è presente in tutta la nostra storia e sulle tavole di tutto il mondo. L'uovo si compone di tre parti:
· Il guscio esterno, costituito soprattutto da calcio, si presenta sottile, fragile e poroso.
· L'albume, gelatinoso trasparente e giallastro, formato dall' 87-89% di acqua, dal 10% circa di proteine, glucidi e minerali ed ha circa 43 kcal;
· Il tuorlo di colore rosso/giallo composto dal 46-48 % di acqua, dal 15 % di proteine, da circa il 30% di lipidi, glucidi e minerali per il rimanente ed ha circa 325 kcal.

... e un cuore di energia!

       Ma quanto colesterolo contiene un uovo???
Il tuorlo ne contiene circe 200 mg, una quantità importante se consideriamo che il fabbisogno giornaliero è stimato intorno ai 300 mg, ma fortunatamente alcune sostanze in esso contenute (lecitine), ne favoriscono il trasporto inverso (dalle arterie al fegato) potenziando l'attività del colesterolo buono HDL. Occorre fare molta attenzione all'acquisto delle uova, esse hanno dei numeri stampati sul guscio che definiscono chiaramente la loro provenienza ed il sistema di allevamento delle galline.
Ecco i codici:
cod. 3 galline allevate in gabbia
cod. 2 galline allevate a terra
cod. 1 galline allevate all'aperto in maniera intensiva
cod. 0 galline allevate all'aperto in maniera estensiva e biologica.

L’UOVO

Il codice 0.

      Il codice 0 prevede almeno 10 mq per gallina, mangime biologico controllato, maggiore benessere per l'animale e di conseguenza maggiori garanzie per la nostra salute dato il maggiore controllo eseguito nel settore Bio che prevede la certificazione. Alcuni test effettuati su uova di galline ruspanti hanno rilevato che esse sono molto più nutrienti di quelle provenienti da allevamenti intensivi. Ecco alcuni dei risultati ottenuti.
Le uova provenienti da galline ruspanti nutrite con alimenti bio hanno:
— 1/3 in meno di colesterolo
— 3/4 in meno di grassi saturi
— 2/3 in più di vitamina A
— 2 volte in più di acidi grassi omega -3
— 3 volte in più di vitamina E
— 7 volte in più di betacarotene.

LO FACCIO ANCH’IO

L’Uovo Pochè secondo
Heston Blumenthal.

      Porta una pentola d'acqua ad 80°, mettici sul fondo un piatto di ceramica in modo che formi un base isolata dal metallo, apri un uovo freschissimo su di un mestolo forato, l'albume rimarrà e solo la parte acquosa colerà dai buchi. Lascia scivolare l'uovo nell'acqua calda e sul piatto, attendi 4 minuti, recupera l'uovo usando lo stesso mestolo et voilà uovo perfetto e con tuorlo cremoso! Io lo abbinerei, a uno splendido Chardonnay Valdostano.

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Numero 4

 Pane, amore e fantasia!

Ecco a voi sua maestà...

      Tutto il paese si univa in un lavoro comune, duro ed allegro allo stesso tempo che alla fine si tramutava in festa, la preparazione del pane nero. L'acqua pura di montagna e la segale sono i due ingredienti principali, quelli che donano a questo prodotto le sue caratteristiche semplici ed eccezionali. Nei giorni di luna crescente, che favorivano la lievitazione, il pane veniva cotto nel forno comune del villaggio, una sola volta all'anno, poi era lasciato essiccare su di una apposita rastrelliera "lo ratelé”. Ogni famiglia imprimeva sulla pasta ancora fresca un marchio, fatto con motivi geometrici, floreali o semplicemente con le proprie iniziali, inciso su una forma in legno, per contraddistinguere i propri pani. L'ingrediente maggiore del pane nero è la segale anticamente chiamata "siligo” presente in una percentuale che può variare, a seconda delle zone e delle tradizioni, dal 60 al 90 percento. Questo cereale, originario dell'Asia occidentale cominciò a diffondersi...

... il pane di segale!

      ... attorno al 4000 a.C. La sua capacità di adattamento a condizioni ambientali particolari, a terreni poveri ed a climi freddi fece si che divenne uno dei principali cereali coltivati in montagna anche grazie alla doppia possibilità di semina sia in primavera che in autunno. Il contenuto di glutine di questo cereale è meno importante di quello del frumento, ma la ricchezza di "pentosani” e di fibre danno al pane nero un buon valore alimentare con un apporto calorico inferiore. Lo "pan neir” è presente in molti piatti valdostani come le zuppe: zuppa di pane brodo e formaggio (la più nobile con l'utilizzo di Fontina Dop), la Favò tipica della zona di Ozein, la super conosciuta Seuppa à la Valpellinentze, la Seuppa di Cogne, la zuppa di cipolle ecc. Questo pane conservato a lungo diventa secco e durissimo e viene tagliato con un tipico attrezzo delle nostre valli il "copapan”, un tagliere in legno bordato e corredato di una lama in ferro con la quale si rompe il pane.

POESIA

Lo pan de l’atre cou

A l'epetail di pay
Dz'i ren voya de pan blanc,
Et lo cadò pi joulì
Que me porton l'est lo pan,
Ma...lo pan d'atre cou,
Lo pan que fedzé pagan;
Lo pan neir, bien deur, bien grou,
Lo pan de me premié s-an.
Deur me plét de lo roudzé,
L'esti pi bon que lo bisquit!
Deur me plét ed l'aveitsé
Lo pan neir l'est mon ami!

(Marie Coudre: Noutro Dzen Fatoué)

LO FACCIO ANCH’IO

La seuppa de l’Ano!

      Prendete del pane nero secco rompetelo a pezzi con il copapan, pezzetti non piccolissimi mi raccomando, metteteli in una ciotola capiente, versateci sopra dello zucchero (meglio se di canna) e coprite con del vino rosso valdostano, lasciate riposare un'oretta e....voilà la "seuppa de l'Ano " è pronta.

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In vino veritas.  

Tutta la poesia...

      Mi piace citare questa famosa frase di Jean Jacques Rousseau, parole semplici e diritte che danno una giusta percezione degli effetti del vino sull'animo umano: "Spesso la condotta di un uomo riscaldata dal vino non è che l'effetto di ciò che, negli altri momenti, avviene nel suo cuore”. Si potrebbe anche dire, quindi, che il vino libera quelle parole e quei pensieri che per qualche motivo oscuro rimangono nascosti dentro di noi. Sembrerebbe che il vino abbia un effetto liberatorio dando voce alle più profonde sensazioni dell'individuo, dalla sua forza disibinitrice scaturisce la verità, da qui il famoso detto "In Vino Veritas”. Scorrendo le pagine del passato troviamo numerose definizioni del vino, numerosi detti ed aforismi, citazioni fatte da luminari, filosofi, letterati e quant'altro. L'ebbrezza donata dal nettare di Dioniso apriva o annebbiava le menti, tutto ciò dipendeva naturalmente dalla quantità bevuta. Voltaire (1694-1778) la definiva dannosa per la salute e per la ragione ma non disdegnava, in ogni caso, un buon bicchiere di qualità. Molti scrittori...

... di un bicchiere di vino!

      ... dell'800 si affidarono ai poteri dell'alcol per indagare nelle profondità dell'animo umano, alcuni con un uso "normale” altri con approfondimenti esagerati. Charles Baudelaire, grande personaggio della letteratura di quell'epoca scrisse "chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere”, e asserisce che il vino non è semplicemente una bevanda ma possiede un'anima ed è in grado di adattarsi alle più svariate esigenze. Egli individua nel vino la capacità di accrescere i sensi e di sviluppare l'intelletto. Ma l'ubriachezza è vista anche come una fuga dalla realtà, come un rifugio personale e sicuro, come modo per sfuggire alla lontananza della donna amata. Ma tutto questo crea una visione illusoria della vita ed in ogni caso ha un effetto temporaneo. Ma il vino contiene anche l'anima del territorio di provenienza, aprendone una bottiglia ne fuoriescono insieme ai profumi ed ai sentori anche le essenze del territorio di produzione, le storie di famiglie che lavorano la vite da generazioni, storie di vita e di passione.

LO FACCIO ANCH’IO

Camoscio in civet.

      Mettete i pezzi di camoscio in una terrina e insaporite con la cipolla, la carota e il sedano, mondati e affettati, e l'aglio. Aggiungete le spezie e le erbe aromatiche, salate e coprite con il vino, un Torrette Supérieur sarà perfetto! Fate marinare in frigorifero per almeno 12 ore. Scolate la carne e infarinatela leggermente. Scaldate in un tegame capiente 4 cucchiai di olio e il burro, unite tutte le verdure, mondate, lavate e tritate, quindi rosolate la carne, facendole prendere colore; regolate di sale. Aggiungete anche la marinata con tutte le verdure e fate cuocere coperto per circa 2 ore a fuoco dolce e mescolando di tanto in tanto. Quando la carne sarà cotta, toglietela dal fuoco e passate al setaccio il fondo di cottura. Versate la salsa ottenuta nello stesso tegame, unite la carne e proseguite la cottura per altri 30 minuti. Togliete dal fuoco e servite, accompagnando a piacere con polenta.

LIBRI

La magia delle parole.

      Una sera sorgeva la luna, sul ciglio della collina. Gli alberelli lontani erano neri; la luna, enorme, matura. Ci fermammo. Io dissi: "Tutti gli anni, a settembre, la luna è sempre la stessa, eppure mai che me ne ricordi. Tu lo sapevi ch'era gialla?” L'amico guardò la luna, e ci pensava. Mi pareva davvero di non averla mai vista così, ma insieme di averne in bocca il sapore, di salutare in lei qualcosa di antico, d'infantile, tanto che dissi: "E' una luna da vigna. Da bambino credevo che i grappoli d'uva li faccia e li maturi la luna”. "Non so”, disse l'amico "per me è sempre la stessa”. Ora il brivido mi aveva lasciato e la luna col suo sapore di vendemmia ci guardava entrambi come una creatura che conoscevo e ritrovavo...
Cesare Pavese (Feria d'agosto, Einaudi 1965)

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 Vivere a cuor leggero!

Una nuvola...

      Ecologica, salutare, semplice, pratica, veloce, ecco alcune caratteristiche di un tipo di cottura che già anticamente veniva usata, in varie forme, specialmente in Oriente. La cottura al vapore è sicuramente considerata il metodo più salutare in assoluto. In questo modo si sfrutta la capacità del vapore, ottenuto dall'acqua in ebollizione, di trasmettere calore dall'esterno dell'alimento al suo interno. Per fare ciò non occorre una particolare attrezzatura, bastano una pentola capiente, un cestello in acciaio da inserire al suo interno oppure un cestello in bambù da metterle sopra, un coperchio. La pentola verrà riempita con una giusta quantità d'acqua, non deve toccare il cestello, quindi nessun contatto con l'alimento (potrebbe provocare una dispersione delle sostanze nutritive e aromatiche), e deve essercene comunque una quantità sufficiente per finire tranquillamente la cottura. Si porta l'acqua in ebollizione, si inserisce nel cestello l'alimento e si copre con un coperchio.

... al vapore!

      Ma quali sono i vantaggi di questa cottura?
1 · Le caratteristiche organolettiche degli alimenti vengono preservate non solo nel sapore che rimane naturale ma anche nel colore.
2 · Gli unici oli sono aggiunti a crudo a fine cottura ottenendo gusti e sapori semplici e naturali.
3 · Non si formano sostanze non digeribili o deleterie per il nostro organismo come per grigliatura o frittura.
4 · L'eventuale componente grassa, sciogliendosi, cade nell'acqua bollente e non rimane in contatto con l'alimento, che risulta più leggero.
5 · Le temperature più contenute e il mancato contatto diretto con l'acqua di cottura, permettono di mantenere buona parte delle vitamine termolabili e dei minerali contenuti negli alimenti, in particolare nelle verdure.
6 · Si possono inserire nell'acqua in ebollizione spezie ed aromi vari che arricchiranno il sapore dell'alimento.

VAPORE

Dedicato a chi...

      Questa cottura è particolarmente indicata per cibi delicati (pesce, pollo, crostacei, verdure) mentre è da evitare per alimenti ricchi di tessuto connettivo, come molluschi e carne rossa, che altrimenti rimarrebbero troppo duri. Una raccomandazione: non alzare troppo spesso il coperchio dalla pentola in quanto si rallenta la cottura e si perde in sapore!

LO FACCIO ANCH’IO

Maionese Semplice

      Le verdure cotte al vapore, soprattutto quelle con una tendenza dolce, come ad esempio le carote, sono l'deale abbinate ad una maionese semplice e veloce da preparare: metti in un contenitore un uovo fresco e freddo, qualche cappero sotto sale lavato, del succo di limone, due gocce di aceto bianco, una spolverata di curcuma e mezzo cucchiaino di salsa di soia, unisci olio di semi di arachide q.b., con il minipimer mixa il tutto fino ad ottenere la consistenza desiderata. Mi raccomando non esagerare con gli ingredienti. La salsa deve risultare saporita, fine e con una buona acidità che ben si accompagna con la verdura.

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Dissetarsi ai tempi del Graal. 

Acqua, latte, vino...

      L'uomo per vivere ha bisogno di mangiare ma, soprattutto, di bere. Oggi abbiamo la possibilità di dissetarci con moltissime bevande ma l'acqua, come diceva in un suo scritto l'illustre gastronomo Brillat Savarin (1755-1826), può procurare un immenso piacere al bevitore assetato. Bere è quindi una necessità che può essere trasformata in un piacere e questo dipende non solo dal liquido ingerito ma anche dalle persone con cui lo si beve. Ma cosa si beveva nel Medioevo? L'acqua era la prima bevanda in assoluto, quella dei poveri, di nessun costo ed accessibile a tutti, malgrado fosse a volte inquinata. In uno scritto dell'epoca infatti viene cosi descritta "talvolta limpida e talvolta torbida”. In ogni caso anche se era la più bevuta non era di sicuro la bevanda più apprezzata, per i Longobardi, ad esempio, bere acqua era un fatto straordinario, essi, infatti, bevevano abitualmente solo vino. Un altro liquido usato era il latte, in Asia se ne beveva molto mentre in Occidente era usato solo per il nutrimento dei bambini.

... e sidro nel Medioevo!

      Riassumendo: i poveri bevevano acqua, i bambini il latte mentre il vino rimaneva la bevanda preferita degli uomini del Medioevo che, in assenza di quest'ultimo, gradivano anche la "cervogia” (l'antenata della birra) e il sidro. La cervogia aveva un aspetto piuttosto scuro e pastoso. Veniva prodotta utilizzando acqua, orzo, cereali misti e a volte un miscuglio di veccia (pianta leguminosa selvatica), lenticchie e avena. La cervogia risultava essere anche una bevanda sicura, e quindi da preferire all'acqua, in quanto resa sterile dalla sua ebollizione. Il sidro era un altro dei "beveraggi” consumati nel Medioevo. Questo nasce dalla fermentazione di succo di mele, a volte anche di pere, che aveva una buona concentrazione di zucchero e molta acqua. In Normandia, il sidro, era addirittura preferito alla cervogia. In assoluto comunque, nel Medioevo, la bevanda più amata e bevuta era il vino, nettare che donava energia e piacere soddisfacendo il palato. Si potevano trovare vini pregiati, speziati, cotti, aromatizzati, di bel colore, salubri ecc.

La Grolla

      La grolla è una particolare coppa da vino in legno, con gambo corto e chiusa da coperchio, tradizionale della Valle d'Aosta. Solitamente è realizzata al tornio e rifinita con intagli a mano. Il legno più utilizzato è quello di noce. Una volta era utilizzata solo per bere in compagnia a turno (à la ronde), il nome e la forma, che ne hanno avvicinato le origini al graal, è probabile siano state importate dalla Borgogna, per cui "grolla” costituirebbe un prestito linguistico. L'usanza di bere in compagnia da un unico calice ha origini ben più lontane: diffusa presso i greci dell'età omerica, presso i romani e presso gli ebrei, è stata santificata durante l'ultima Cena, diventando un rito. In passato anche la grolla rivestiva carattere simbolico, durante la bevuta, mentre si passavano la coppa, i convitati usavano scambiarsi frasi augurali e propiziatorie, invocando la benevolenza e la protezione divina. Tale carattere è rimasto nella tradizione: tra le famiglie valdostane la grolla veniva infatti usata solo nelle grandi occasioni, accuratamente conservata tanto da assumere le vesti di preziosa reliquia da tramandare di padre in figlio.

Conservazione
del Vino nel medioevo

      Un grave problema però affliggeva gli uomini del Medioevo che tanto adoravano il vino, non sapevano conservarlo e lo stesso quindi doveva essere bevuto entro l'anno di produzione. Il vino vecchio era infatti quello prodotto da più di un anno anche se in Italia si arrivava addirittura a due o tre anni. Era buon uso per l'oste più parsimonioso diluire il vino vecchio con del vino novello in modo da poter finire tranquillamente le scorte.

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Numero 3

 Buone Bollicine a Tutti!

Immersione di allegria...

      Nel XVII secolo in Francia, nell'abbazia di Saint Pierre Hautvillers, il monaco Pierre Dom Perignon inventò il primo "Champagne”. Questa fu una data storica, non tanto per la nascita di un vino che ancora oggi è il simbolo indiscusso degli spumanti, ma soprattutto perchè, a partire da quell'epoca, iniziò la sua ascesa mondiale. Indipendentemente dalla qualità delle uve da cui viene prodotto, questo vino, ottenuto da fermentazioni in bottiglia o in autoclave, è diventato il re degli aperitivi e non solo. Un lieto evento viene generalmente festeggiato con l'apertura di una bottiglia di "bollicine”, un aperitivo in allegria, un pranzo leggero, un brindisi festivo, ogni motivo è buono per consumarlo. Lo spumante è diventato per molte persone, la rappresentazione di un momento di gioia e di allegria. Questi vini speciali sono il frutto di delicate lavorazioni in vigna e in cantina e sono una bella pagina dell'enologia contemporanea e italiana. La nostra regione, grazie anche alle peculiarità dei nostri vitigni e del nostro territorio può vantare in questo campo delle perle che, per la loro qualità, sono molto apprezzate anche...

... in un mare di bolle!

      ... fuori dai nostri confini. I spumanti valdostani vengono prodotti in varie parti della nostra regione con i vitigni più svariati. Partiamo dai Metodi Classici : abbiamo ottimi vini ottenuti dalla lavorazione del Priè Blanc (autoctono bianco) uno dei vitigni più alti d'Europa, da Pinot Noir e dal Petit Rouge (autoctono rosso) vinificati in rosato, dalla Premetta (autoctono rosso) dal bel colore cerasuolo, dal tipico nebbiolo valdostano (picotendro) rosato, troviamo anche vini provenienti da uvaggi quali Pinot Noir/Chardonnay e Chardonnay/Pinot Grigio. Due curiosità sono quelli prodotti con l'antico metodo ancestrale, il primo da uve Gamay (rosso) ottimo con salumi e formaggi, il secondo da uve Prié Blanc e Muscat de Chambave, particolare e molto versatile negli abbinamenti. Con la fermentazione in autoclave troviamo prodotti ottenuti dai Muller Thurgau in purezza, dal Nebbiolo e da uvaggi quali Prié Blanc/Muller Thurgau e Prié Blanc/Muller Thurgau/Muscat de Chambave/Petit Rouge, particolare e curioso è il mix tra Petite Arvine (bianco) e Cornalin (rosso) di recente comparsa.

LO FACCIO ANCH’IO

Aperitivo chez nous!

      Qualche idea per un aperitivo valdostano da fare in casa?
· Fettina di lardo su pane nero
· Ricottina di capra condita con sale olio pepe con patate quarantine bollite
· Pasta di salsiccia su una fettina di polenta riscaldata in padella
· Fettina di prosciutto crudo valdostano con pane di segale e l'immancabile Fontina Dop in purezza, un scintillante flute di spumante valdostano e...cin cin! Facile, buono e in allegria!

LO FACCIO ANCH’IO

Bufala e bollicine!

      Molti di noi sono amanti della pizza, magari gustosa preparata con una mozzarella di bufala oppure "bianca” con delle verdure grigliate o magari con un formaggio fresco come lo stracchino ecco il mio consiglio.... ordinate un calice di metodo classico Extra Brut della Cave du vin Blanc de Morgex et de la Salle e.... si aprirà un nuovo mondo!!

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 Valle d’Aosta in tagliere.

Affettati per tutti i gusti...

      Tra le eccellenze gastronomiche valdostane, tentatrici di palati più fini ed esigenti, un posto di rilievo lo occupano i prodotti tradizionali a base di carne. L'antico ingrediente per la conservazione della carne e di molti altri alimenti è il sale, usato come conservante circa 10.000 anni fa. Grosso e unito ad aglio, pepe ed altre spezie alpine, ricopriva pezzi di carne bovina, di capra o pecora, raramente quella di camoscio, pezzi che venivano messi per un determinato periodo sotto un peso e poi in un luogo arieggiato dove si conservavano. Nasce così la "Motzetta Valdosta” che tagliata a fette sottili accompagnata con una insalatina verde, un filo di olio Evo, pane integrale e da un pezzetto di Fontina Dop, diventa un piatto fresco nutriente ed al tempo stesso leggero. Il Lardo di Arnad Dop, prodotto valdostano conosciutissimo, antica fonte di energia, viene consumato al naturale e anche utilizzato in cucina come base per i soffritti o per dare gusto e sostanza a carni, zuppe e patate. E' prodotto...

... Rarità da gustare!

      ... mettendo a riposo, in recipienti chiamati "doil”, dei pezzi scelti, in una salamoia con sale, spezie ed erbe aromatiche. Durante la sua stagionatura il lardo cede i suoi umori e assume gli aromi della salamoia, dopo tre mesi è pronto a soddisfare il nostro palato con la sua finezza e la sua aromaticità. Che dire dei nostri salumi, dei classici boudin confezionati con sangue di maiale oppure con barbabietole rosse, lardo e patate, in entrambi i casi, splendidi con le patate rosse bollite e delle "saousesse” di carne bovina o suina. Diamo anche spazio ad un altro prodotto tipico, il "teuten”, si tratta della mammella lavorata in modo particolare, prima aromatizzata con salvia, alloro, rosmarino, bacche di ginepro, sale e spezie e poi cotta a "bagnomaria” in appositi stampi. Tipica è anche la "Tseur Achétaye”, carne bovina valdostana aromatizzata e conservata in salamoia. Finiamo la nostra carellata gustando il Prosciutto alla brace di Saint Oyen, una coscia di suino italiano cotta prima al forno e poi superficialmente alla brace.

LO FACCIO ANCH’IO

Boudin freschi con mele renette.

      Ricetta per un giorno di neve: prendi dei boudin freschi aprili e mettili in padella, unisci dei pezzetti di mela renetta, fai andare a fuoco lento, cuoci delle patate in forno al cartoccio, metti tutto in un piatto, taglia in due le patate ancora fumanti e ricoprile con i boudin caldi, brinda con un bicchiere di Valle d'Aosta doc Torrette.

Il Valleé d’Aoste
Jambon de Bosses

      Nel nostro tagliere valdostano non può certo mancare il Vallée d'Aoste Jambon de Bosses Dop, prosciutto crudo con erbe speziate prodotto a 1600 metri di altitudine nella Valle del Gran Saint Bernard. Alcuni documenti datati 1397 ne dimostrano l'antica storia. La salatura manuale con una concia di sale ed erbe di montagna, la stagionatura nel fieno (da un minimo di 12 fino a 18 mesi) fanno di questo prodotto un fiore all'occhiello della nostra regione.

LO FACCIO ANCH’IO

Jambon de Bosses
e lardo. Come gustarli.

      Nulla è più semplice e saporito della degustazione del Prosciutto di Bosses o del Lardo di Arnad accompagnati da un semplice ma particolare pane nero di segale valdostana, magari cotto in un vecchio forno a legna, una unione di sapori intensi ma semplici che si valorizzano tra loro lasciando sul nostro palato piacevoli sensazioni.

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Formaggio d’alta quota! 

Formaggi d’autore!

      Dietro ogni formaggio c'è un pascolo di un diverso verde, sotto diverso cielo, qualsiasi sia l'animale da cui proviene il latte, dietro un formaggio d'autore, oltre al pastore/casaro, occorre anche un ottimo affinatore e sicuramente deve esserci un venditore in grado di mantenere, quindi conservare al meglio e esporre il formaggio in maniera oculata, non alterandone le caratteristiche iniziali ma evidenziandole e proponendole al fruitore finale. Una filiera dove la bontà di partenza è direttamente correlata anche alla preparazione qualitativa e responsabile delle persone che ne fanno parte. Un ottimo prodotto non può che migliorare nelle mani di un bravo affinatore attento e capace che attraverso il tempo e la tecnica lo porta ad altissime espressioni qualitative donando al consumatore finale, emozioni gustative uniche.

Fontina DOP

      La Fontina DOP è senza dubbio la Réina dei formaggi di montagna, orgoglio della tradizione lattiero casearia della Valle d'Aosta. La fontina dop prodotta in alpeggio è un formaggio il cui successo è composto da un intrigante ed unico insieme di elementi naturali fondamentali: il latte prodotto negli alpeggi più alti d'Italia, le bovine di razza valdostana (pezzata rossa, pezzata nera, castana), la trasformazione con metodi artigianali, la stagionatura in grotte naturali ed il savoir-faire dei casari cadenzato dai ritmi della natura. Guai se dovesse mancare uno di questi elementi!! Il risultato finale è un formaggio DOP che tutti ci invidiano e che racchiude in sé i profumi, i sapori e gli aromi delle erbe di montagna, con una pasta morbida e elastica, fondente in bocca con un sapore dolce e delicato. La Stagionatura, un altro elemento fondamentale per la fontina DOP, deve durare minimo tre mesi e avviene in grotte naturali o gallerie scavate nella roccia.

FONTINA D’ALPAGE

MÉDAILLE D’OR

      • Fontina DOP dell'alpeggio Cénevé di Quart, stagionata nel magazzino della CPLF di Valpelline, prodotta dalla az.agr. Lo Solei di Quart.
      • Fontina DOP dell'alpeggio Les Maisonnettes di Avise, stagionata nel magazzino della CPLF di Palleusieux (Pré-Saint-Didier), prodotta da Attilio Yeuilla di Pollein.
      • Fontina DOP dell'alpeggio Comba German, stagionata nel magazzino della CPLF di Valpelline, prodotta da Claudio Pomat di Etroubles.
      • Fontina DOP dell'alpeggio Barasson, stagionatura nel magazzino della CPLF di Valpelline, prodotta da Tiziana Cerise di Doues.
      • Fontina DOP dell'alpeggio Commune - de-By di Ollomont, stagionata nel magazzino di Eliseo Duclos di Saint-Rhémy-en-Bosses, prodotta da Aurelio Crétier.
      • Fontina DOP dell'alpeggio Rossa di Doues, stagionata nel magazzino della CPLF di Valpelline, prodotta da Ida Letey di Doues.

FONTINA D’ALPAGE

GRANDE MÉDAILLE D’OR

      • Fontina DOP dell'alpeggio La Pierre di Aymavilles, stagionata nel proprio magazzino di Aymavilles, prodotta dall'az. agr. La Borettaz di Viérin Gabriele e Bisson Fabrizio.
      • Fontina DOP prodotta nell'alpeggio Pesse di Saint-Pierre, stagionata nel magazzino della CPLF di Pré-Saint-Didier prodotta da Fulvio Viérin.
      • Fontina DOP dell'alpeggio Champillon di Doues, stagionata nel magazzino della CPLF di Valpelline prodotta da Claudio Berthod, soc. agr. "Le foyer des reines”.
      • Fontina DOP dell'alpeggio Djouan comune di Valsavarenche, stagionata nel magazzino di Bruno Bredy di Gignod, prodotta da Lidia Lucianaz.

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 Chi ha bisogno di dolcezza?

Leccornie...

      I dolci tipici valdostani non sono particolarmente elaborati, gli ingredienti principali sono quelli della terra a partire dalla frutta, sia fresca che secca, dal miele, dai prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento. Queste chicche di dolcezza sono caratterizzate dalla semplicità delle materie prime e da una ricercata ricchezza gustativa. I nostri dolci sono molto legati alla stagionalità: quelli tipici invernali sono più ricchi e strutturati, mentre quelli estivi sono basati su prodotti più freschi come la frutta. Alcuni di essi erano fatti solo in occasioni particolari, ad esempio dopo la cottura del pane per utilizzare il forno ancora caldo. Così si cuocevano le "Flantzes” tipici biscotti dolci e zuccherati ai quali, se prodotti vicino al S. Natale, veniva data la forma di animali per la gioia dei bambini. Alcune ricette tipiche paesane le possiamo anche ritrovare in altri luoghi con qualche piccola variante, anche solo con un elemento caratteristico del luogo. Un dessert povero ma gustoso era in antichità un semplice filo di miele colato sulle castagne bollite, ...

... da leccarsi le dita!

      ... oppure la classica frittella di mele, nella quale in alcuni casi venivano usate anche le patate bollite schiacciate. Troviamo anche dolci più strutturati quali il "Mécoulin” tipico della zona di Cogne, una versione valdostana del panettone natalizio che ora viene prodotto tutto l'anno e sempre a Cogne troviamo l'omonima crema una golosità a base di panna, latte, zucchero cacao amaro e scorza di limone. Un dolce che in questi anni rappresenta la Valle d'Aosta, diventato ormai un souvenir per la sua facilità di asporto e per la sua lunga conservazione, è la classica tegola valdostana, pochi sanno che le tegole sono state inventate da due bravi pasticcieri di Aosta che, negli anni '30, al ritorno da un viaggio in Francia iniziarono a produrle, la loro forma ondulata conferisce un aspetto unico a questi biscotti fatti con zucchero, albume d'uovo, nocciole, mandorle, burro e farina. Buonissime con un thè caldo, splendide con la "Fiocca”, tipica panna montata a mano, magari con un piccola aggiunta di grappa, speciali con la crema di Cogne.

LO FACCIO ANCH’IO

Biscotti e altre storie

      Altri biscotti tipici sono i "Torcetti” al burro (pare che la loro origine sia di Saint Vincent e che sia contesa con un paese del Piemonte), i Baci di Nus, i biscotti di meliga e tanti altri ancora di antica e recente produzione. Non riusciamo ad elencare tutti i dolci tipici ma concedetemi due parole ancora sulle pere Martin Sec, immaginatevi queste piccole perine asciutte cotte in un vino valdostano, meglio se è un profumato Gamay, zuccherate e poi passate al forno, mettetele in una ciotola con vicino un cucchiaio di crème fraiche francese, abbinateci un vino aromatizzato valdostano e... per ora ci fermiamo sento già di aver preso qualche etto solamente a scrivere.

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Numero 2

Se non è zuppa è pan bagnà. 

S come “seupa” d’inverno...

      In autunno la regina incontrastata di tutte le tavole, dalle più ricche alle più povere, é sicuramente la seupa. Ricordo ancora, quando bambino, mia madre mi metteva davanti un piatto fumante di seupa, il suo profumo riempiva la casa, per la lunga e lenta cottura delle verdure il suo calore riscaldava il corpo e l'umore, specialmente alla sera dopo una lunga giornata di scuola o di lavoro. La zuppa è quindi, oltre che un piatto comune a tanti paesi, anche l'emblema della casa, della famiglia raccolta attorno al tavolo per cenare nelle umide serate autunnali. Questo piatto, nella sua semplice e variabile composizione, riesce a dare un enorme valore anche agli ingredienti più poveri. Nel passato, vista l'impossibilità di avere prodotti freschi, veniva composto, con alimenti conservati naturalmente, quali pane raffermo, carne salata, legumi secchi, patate, cavoli e dalle verdure stagionali disponibili, come i porri, le zucche insaporite dal brodo di spezie essiccate e dal lardo sciolto nel tegame. Nelle nostre valli possiamo vantare un'innumerevole quantità di ricette di seupa, dalle più conosciute e classiche a quelle più...

... T come tanti tipi per tutti.

      ... semplici e personalizzate, ognuno apportava la propria e personale interpretazione a questo piatto. Un elemento comune era il pane raffermo che veniva prodotto una sola volta all'anno ed era di segale, la parola "zuppa” deriva, infatti, dal gotico "suppa” che significa fetta di pane inzuppata. I contadini generalmente utilizzavano i cereali più poveri (gli altri venivano venduti) come miglio, segale, avena e orzo che venivano cotti lungamente in acqua assieme ai legumi e alla verdura stagionale. La lunga cottura faceva diventare il tutto una crema densa che saziava la fame, scaldava e leniva le fatiche del duro lavoro quotidiano. Nei ceti superiori si usava invece il brodo ricavato dalla cottura della carne salata (secondo un antico metodo di conservazione) e magari arricchito da un pezzo di lardo per dare più sapore e sostanza. Con il passare del tempo e l'avvento di nuovi ingredienti, le zuppe hanno acquisito nuovi sapori ma rimangono il piatto forte dell'autunno e dell'inverno. Ce n'è di tuti i tipi e per tutti i gusti, molto spesso presenti nelle diete, soprattutto in quelle povere di grassi.

LO FACCIO ANCH’IO

Zuppa di Pane e Formaggio.

      Metti in una ciotola del pane raffermo a tocchetti, una spolveratina di pepe, dei pezzetti di Fontina Dop, versaci sopra del brodo bollente, lascia riposare un poco e voilà! Più semplice e immediato di così!

Crema di Zucchine.

      Fai rosolare cipolla ed aglio, unisci le zucchine tagliate a pezzetti, lasciale insaporire, aggiungi sale e del brodo vegetale, quasi al termine della cottura aggiungi dei fiocchi di avena (quelli che usi per colazione), fai cuocere ancora e poi mixa il tutto, servi nel piatto con un filo di olio Evo ed una spolveratina di pepe. Per un tocco fusion e raffinato aggiungi un cucchiaio di crème fraiche.

LO FACCIO ANCH’IO

Zuppa di Fagioli.

      Fai saltare in casseruola del lardo o della pancetta a cubetti, unisci dei fagioli precedentemente ammollati, se sei di fretta vanno bene anche quelli in scatola, meglio se borlotti, aggiungi del brodo vegetale, insaporisci con sale e qualche foglia di rosmarino, metti del pane raffermo od abbrustolito e fai andare a fuoco lento. Servi nel piatto con un filo di olio Evo e una grattatina di pepe.

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In vino veritas!   

Vino terapia...

      Fin dai tempi remoti il vino è stato considerato ottimo per la salute ed è usato a scopo medicinale da almeno seimila anni. Corroborante, calmante, protettivo e persino utilizzato contro le infezioni quando l'acqua aveva origini sospette, ma anche usato per lavare alimenti o per marinare alcuni cibi. Questi sono alcuni degli usi del vino nell'antichità. Platone diceva che il vino era stato donato agli uomini come rimedio per la vecchiaia. Nel 1742 troviamo nella Farmacopea Universale di Nicolas Lemery la ricetta del Balsamo del Samaritano, il primo preparato di olio e vino rosso che possa ricevere la qualifica di medicinale. Nel 1983 il dottor Maury, pioniere dell'omeopatia, afferma che il succo d'uva fermentato rinvigorisce il corpo e consente un ottimo recupero dopo uno sforzo fisico, con una aggiunta di zucchero diventa inoltre una preziosa miscela per gli anziani. Egli raccomandava vini rossi invecchiati e moscati ricchi di zuccheri e conclude dicendo che grazie alla loro azione tonificante, diuretica, battericida e antiallergica, i vini possono essere senza...

... e bere consapevole!

      ... dubbio classificati come rimedi omeopatici. In Emilia Romagna, classica zona del lambrusco, si notò che nonostante una dieta ipercalorica, (tortellini salumi e piadine) il tasso di mortalità per patologie cerebro-cardiovascolari era più basso che nelle regioni confinanti, uno studio condotto nel 2000 dal Consorzio Mario Negri Sud confermò che i lambruschi analizzati, pur avendo una identica quantità di polifenoli quali altri vini italiani o francesi, erano molto ricchi di "cumarine”, sostanze anticoagulanti usate negli attacchi cardiaci violenti e nel post infarto e angioplastica. Tra tutti i polifenoli contenuti nel vino il più conosciuto è il resveratrolo che oltre a essere un grande antiossidante (utile per il colesterolo alto) è anche un potente anticancerogeno. Sorge immediatamente una domanda: ma quanto vino occorre bere per godere dei suoi benefici? Il consumo del vino deve essere moderato, si consigliano al massimo due o tre bicchieri al giorno e sempre durante i pasti, naturalmente è sconsigliato alle donne in gravidanza e a persone con patologie particolari.

TERAPIA

Benefici

      Le virtù terapeutiche dei polifenoli sono molteplici: · Azione antinfettiva : battericida, antivirale (vino bianco aiuta a preverine e entuali infezioni intestinale da frutti di mare)
· Azione anti veleno contro alcuni alcaloidi
· Contrasta la caffeina
· Azione antiallergica
· Azione digestiva
· Azione anti età e sulla vista

CONTROINDICAZIONI

Moderazione

      Tutti i benefici descritti si attivano con l'uso moderato del vino, un abuso porta effetti decisamente contrari e dannosissimi alla nostra salute.Occorre anche specificare che i test svolti nei vari studi sono anche stati fatti su persone che svolgono vita normale, non fumatrici e che fanno una moderata attività fisica.

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 Sapori e Profumi d’Autunno.

Un guscio ricco e gustoso.

      I romani le usavano come gioco al posto delle biglie, le consideravano come porta fortuna per ottimi guadagni e amori felici, per questo le noci, venivano regalate dagli sposi al posto dei confetti. Già allora questo splendido frutto era presente sulle tavole. Le sue proprietà terapeutiche sono molteplici ed erano già conosciute nell'antichità, i suoi grassi insaturi sono buoni per la salute, hanno un buon contenuto di magnesio, di ferro e sono anche un ottimo energetico, naturalmente occorre non abusarne e se ne consiglia un consumo da 3 a 5 al giorno. In Valle d'Aosta le noci sono di ottima qualità. Nelle calme passeggiate d'autunno non è difficile vedere un albero con ai piedi questi preziosi frutti caduti. Le noci partecipano alla composizione di ottimi dolci, sono presenti in alcuni pani di segale, sono ingredienti di buonissime insalate, sono usate come salse per preparazioni culinarie, si abbinano inoltre molto bene ad alcuni nostri formaggi freschi e di media stagionatura.

L’Olio di noci.

      Uno dei prodotti caratteristci della Valle d'Aosta, vista la mancanza di ulivi, è l'olio di noci, già usato anticamente oggi è riscoperto anche grazie alle virtù che lo caratterizzano, specialmente quelle salutari vista la sua ricchezza di acido alfa linolenico (presente nei pesci e difficile da trovare nei vegetali) e di grassi polinsaturi. Questo olio, usato da solo e a freddo è un ottimo aiuto per abbassare i valori di colesterolo e trigliceridi. Viene ottenuto dalla pressatura dei gherigli di noce a freddo, deve essere consumato velocemente e conservato al riparo dalla luce solare in quanto irrancidisce presto. Ottimo su insalate verdi fresche magari con noci e Fontina dop, oppure con l'insalata di tarassaco (conosciuto come cicoria dei prati) insieme alle uova sode, ma anche su carpaccio di carne cruda o sulla motzetta. Quello che rimane dalla pressatura delle noci, in patois il "troillet”, molto usato in antichità è, tra l'altro, delizioso grattugiato sui gnocchetti al formaggio.

SEMPLICITÀ AL POTERE

Una zucca da favola.

      Hanno forme e colori diversi, cresce velocemente e poi, altrettanto velocemente, muore lasciando i suoi frutti che hanno un buon mantenimento nel tempo. La usavano gli Egizi, i Romani, gli Arabi, e i Greci, non solo per scopi alimentari ma anche per ricavarne contenitori dove riporre sale, latte o cereali, usata inoltre come piatti, ciotole, strumenti musicali... le antiche maracas erano fatte con zucche svuotate! Si mangiano i fiori, la polpa ed i semi dai quali si ricava anche un olio aromatico e salutare. All'inizio era classificata come cibo per contadini e poveri, nel tempo, grazie alle prelibate ricette ideate da questi ultimi, divenne apprezzata anche dalle classi più abbienti. E' un alimento ipocalorico, contiene solo 18 Kcal ogni 100 grammi, grazie alla tanta acqua contenuta 94,5 %, pochi carboidrati e poche proteine ma soprattutto ha pochissimi grassi circa lo 0,1%, ricca di caroteni, vitamina A e minerali. Ottimo ingrediente per prelibate zuppe, aggiungendo rosmarino, salvia e pancetta affumicata, ne otteniamo delicate creme; le possiamo cuocere in padella oppure al forno, ne ricaviamo un delicato ripieno per tortelli, si possono costruire ottime insalate invernali usandone la polpa cotta oppure aggiungendo i suoi semi tostati ad insalate estive. Le potenzialità gastronomiche della zucca sono praticamente infinite.

LO FACCIO ANCH’IO

Crema di zucca al caprino

      Taglia la polpa, precedentemente cotta al forno, in pezzetti, aggiungi un filo d'olio Evo, sale e un poco di pepe nero, fai andare in padella a fuoco lento schiacciando e girando con una forchetta di legno fino a che ottieni una cremina, ora mettila nel piatto accanto ad una freschissima crescenza di capra, abbinaci un calice di Pinot Grigio della zona di Arvier ed ecco una preparazione facile, semplice, leggera e di gusto.

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Eros Cibo Lettere. 

Magici ingredienti...

      Per non far sbiadire insieme all'abbronzatura, anche la passione che in estate si riaccende, ti presentiamo una lista di cibi afrodisiaci per alimentare, in modo naturale, il fuoco dell'eros. E' quasi d'obbligo citare lo zenzero, che oltre a favorire la digestione ed essere una spezia dalle infinite virtù salutari, è un vasodilatatore da molti definito "Viagra orientale”. C'è poi il Maca, una radice delle Ande, che è conosciuta soprattutto in Perù. Veniva usata già dagli Inca per aumentare forza e salute e ha proprietà importanti per gli ormoni che si stabilizzano. Come non citare il Cacao? Coi suoi componenti chimici pieni di magnesio, migliora la circolazione e inibisce la depressione. Sempre da quella parte del mondo arriva il Chili. Rilascia endorfina che rilassa i nervi e aumenta la salute dell'apparato sanguigno. Anche il Cardamomo agisce sul sistema nervoso, in India, dove le famiglie sono numerose e il Kamasutra ha visto i suoi albori, lo usano in gran quantità. Le Mandorle, invece, ...

... per accendere la passione!

      ... sono piene di Vitamina E che agisce direttamente sul desiderio sessuale. La Banana, a prescindere da una forma che già di suo accende fantasie, agisce sull'apparato nervoso e su quello circolatorio. Se il 90% dei problemi di erezione in un uomo sono legati al poco afflusso di sangue nelle parti basse, una banana al giorno leva il viagra di torno! Miele. La medicina ayurvedica, già tremila anni fa, considerava il miele come un afrodisiaco. La tradizione vuole che venisse raccomandato ai novelli sposi: da qui luna di miele! Il Peperoncino stimola la vasodilatazione aumentando l'afflusso di sangue anche ai genitali maschili e femminili. Il merito è della capsaicina. La Salvia, molto usata per condire piatti come i ravioli di magro, contiene una sostanza (tujone) paragonabile per certi versi agli estrogeni. Impiegata in fitoterapia come rimedio ai disturbi dell'apparato genitale femminile. E' una lista di cibi afrodisiaci ma anche ricchi di proprietà nutritive. Così, tra corretta alimentazione e movimento fisico (si spera), tornerete in ufficio asciutti e molto sorridenti!

LETTERATURA HARD

Ricette immorali.

      Pensare al sesso, pensare al cibo, pensare alle persone. Perché ci sono ben poche cose sensuali e leganti come la condivisione di un piatto. Ma più che un ricettario, Ricette immorali di M.V. Montalban, è una deliziosa carrellata di ironia, racconti, aneddoti e profumi esotici di coinvolgente sensualità. A ogni ricetta viene accostato un profilo di ideale abbinamento amoroso, un tipo di rapporto sessuale (più o meno placido o avventuroso), un tipo di coppia, un tipo di partner. C'è il piatto per il partner vietnamita, per la coppia omosessuale, per ragazze ecologiste inglesi diciannovenni con seni e natiche ben disegnati, per le bionde col culo grosso, per l'hostess o lo stewart, per gli uomini bianchicci e muscolosi, per un'amante professionista/mantenuto, quello da accostare a biancheria in pelle o leopardata, quello ideale per borghesi adulteri e colti, che abbiano preso in affitto un appartamento di mezza tacca nella periferia proletaria di una città industriale, e così via.... buon divertimento!

CINEMA GOLOSO

Chocolat

      Ovvero come ti risveglio i sensi repressi e addormentati. Tutto comincia nel minuscolo villaggio di Lansquenet, in Francia, dove il tempo sembra essersi fermato a cento anni fa. Un giorno come tanti altri, il vento da nord porta con sè anche Vianne Rocher e sua figlia Anouk. La giovane estranea apre un peccaminoso negozio di cioccolata dove mette in mostra confezioni irresistibili che risvegliano gli appetiti nascosti e repressi degli abitanti della cittadina. I "poteri magici” di cui è dotata, che le fanno capire al volo i desideri dei suoi nuovi concittadini, persuadono alcuni a cedere piano piano alle tentazioni...

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Numero 1

   In montagna... con gusto!

Lo zaino gourmand...

      Tempo di andare in montagna e perdersi con lo sguardo nel panorama, che la nostra regione offre, camminando fra alte cime, laghi, boschi e prati verdi, ci si sente liberi e appagati ma... poi si sente quel languorino allo stomaco che l'attività fisica accentua. Ma cosa puoi mettere nel tuo zaino di buono da mangiare? E soprattutto è possibile usare dei cibi che ci diano energia e che al tempo stesso siano anche buoni e gustosi? Cucinews ti propone quattro consigli pratici. 1. Scegli alimenti con sufficienti scorte energetiche, che siano facilmente digeribili e leggeri da trasportare capaci di togliere il senso di fame. Naturalmente occorre avere anche una scorta idrica adeguata. 2. Durante la camminata è utile mangiare della frutta secca tipo fichi o datteri e bere acqua, nella sosta del pranzo è bene evitare i grassi che ci appesantiscono e sono lunghi da digerire, il classico panino è la soluzione migliore scegliendo con cura e attenzione l’imbottitura che potrebbe essere un ottimo...

... in 4 semplici passi.

      ... prosciutto crudo valdostano, una frittatina di verdurine passate in padella con un filo d'olio, alcune fette di motsetta valdostana magra e gustosa, una fetta di seras o una spalmatina di ricotta arricchita con olio di oliva, sale, un filo di erba cipollina e poi non può mancare un pezzo di Fontina. 3. Quello che conta è il giusto equilibrio tra carboidrati, proteine e grassi e mangiare frutta fresca per la componente idrica. Sfatiamo il mito del cioccolato che, purtroppo (!), è da evitare in quanto grasso e poco digeribile. 4. Naturalmente molta acqua e niente alcol anche se i nostri vecchi portavano sempre un goccio di vino rosso. Durante la sosta pranzo però possiamo accompagnare il nostro panino imbottito con un bella birra, bevanda che ci aiuta nel recupero delle energie grazie ai suoi componenti. Un anziano cappellano militare mi aveva insegnato un beverone da sorseggiare durante la camminata a base di tè, vino e zucchero. Non so se funzionasse ma....era molto buono!!

LO FACCIO ANCH’IO

Panino con frittata
“Alta via”.

      INGREDIENTI 2 uova,
1 piccolo pezzo di cipolla,
1 zucchino tagliato sottile o grattugiato,
2 fili erba cipollina,
40 gr di Fontina,
olio evo,
sale e pepe.

      1. Fai un leggero soffritto con la cipolla. 2. Unisci lo zucchino e lascia cuocere 5 minuti a fuoco lento. 3. Sbatti le uova con sale e pepe, poi uniscile allo zucchino cucinato. 4. Versa l'impasto in un tegame e fai cuocere il tutto per 3 minuti per lato. 5. Taglia in metà una pagnotta, mettici la tua frittatina, e... voilà il tuo panino d'alta quota è pronto.

PASSEGGIATE INSOLITE

Rifugio Sogno di Berdzé.
Gran Paradiso-Mont Avic.

      Sono 3 ore e mezzo di cammino sulle orme dell'Alta Via n.2, prive di qualsiasi difficoltà tecnica! Un sentiero facile e dolcissimo che attraversa pascoli e boschi incantati, per raggiungere un paradiso che vale un pò di fatica! Il Sogno di Berdzé, fresco di nuova gestione, è un rifugio incastonato tra il Parco del Gran Paradiso e il Parco del Monte Avic, un luogo unico e lontano dalle solite mete turistiche. Si parte dal parcheggio di Lillaz, per raggiungere l'alpeggio di Goilles. Qui il sentiero incontra il torrente Urtier, per poi addentrarsi nel bosco. Superato il casotto del guardiaparco si prosegue lungo un vallone selvaggio dai caratteristici ponticelli in legno fino alla strada poderale per giungere al Rifugio.

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Formaggi d’estate.   

All’inizio fu l’erba.

      L'alimento primario del bestiame da latte è l'erba verde, con le sue essenze, i fiori, i profumi e gli aromi. La qualità di questo alimento è determinata dalle peculiarità del territorio dove gli animali vengono allevati. Determinanti quindi sono il suolo, il clima e il periodo stagionale vegetativo. Sui prati della Valle d'Aosta esistono circa 150 diverse specie di erbe che partecipano all'ottenimento di un latte di alta qualità. Durante la stagione estiva l'animale pascola in libertà bevendo acqua di sorgente negli alpeggi d'alta quota, dove troviamo un patrimonio botanico che dona al latte caratteristiche gustative, olfattive e strutturali ancora migliori. La mucca valdostana è una razza autoctona, agile anche sui pascoli più impervi dove si trovano le erbe più gustose. Oltre ai bovini si è ripreso con successo anche l'allevamento di capre autoctone. Il clima alpino della regione, i pascoli, l'agricoltura in taluni casi "eroica” e soprattutto i nostri campagnards ci permettono di ottenere e di gustare sulle nostre tavole dei prodotti unici, tipici e gustosi.

Fresco made in VdA.

      La nostra regione produce vari formaggi freschi tradizionali. Il più conosciuto è il reblec fatto con latte vaccino o caprino. Era il formaggio di famiglia e mangiato al naturale oppure dato ai bambini come dessert con un po' di zucchero, ora lo si trova solo in qualche mercato e da qualche produttore. Un altro prodotto è il seras (anche se non rientra nella definizione di formaggio in quanto ottenuto dal siero rimasto dopo la produzione della fontina o della toma) da consumarsi fresco e in compagnia di patate bollite o polenta calda. Sempre con la polenta veniva abbinata la brossa, era il mangiare dei pastori in alpeggio, riempiva la pancia e dava energia, anche la brossa veniva ricavata da siero del latte riscaldato, al quale veniva aggiunto aceto o qualche altra sostanza agre, questo permetteva al grasso rimasto e a qualche proteina di affiorare e di essere raccolta. Troviamo anche nella nostra produzione regionale robiole e varie tomette fresche, sempre di ottima qualità e dalle particolari caratteristiche gustative.

LO FACCIO ANCH’IO

Reblec allo Chaud
de Lune.

      Prendi un reblec freschissimo, taglia una porzione di circa 80 gr, dagli una spolveratina di cannella, aggiungici un cucchiaino di marmellata di arance, una scorza di arancia candita, dell'uvetta rinvenuta nello Chaudelune e abbinalo con lo stesso vino.

Salignon double.

      Prendi del seras oppure una ricotta arricchita con della panna, aggiungi sale, olio, peperoncino, semi di finocchio, impasta il tutto e lascialo riposare qualche ora. Servilo come antipasto e se vuoi farne un primo piatto accompagnalo con delle patate bollite.

DATABASE

I Formaggi freschi

      I formaggi freschi sono quelli che devono essere consumati entro pochi giorni o fino al mese di maturazione. Un formaggio fresco però non è meno grasso di uno stagionato, perché la differenza sta solo nella quantità di acqua in esso contenuta, infatti la percentuale di grasso viene calcolata sulla sostanza secca ovvero priva di acqua. Nei formaggi freschi troviamo quelli a pasta molle, non pressati, come crescenze e tomini, vaccini o caprini, ottimi per un boccone leggero, gustoso e di facile digestione. Sempre più diffuse le splendide robiole caprine, differenti come gusto a secondo del tipo di capra e della zona di produzione nella nostra regione.

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   Bianchi dei Ghiacci.

Identikit: clima estremo...

      Le singolari condizioni climatiche della Valle d'Aosta, le caratteristiche del suo terreno rubato alla montagna, il particolare irraggiamento solare e soprattutto la protezione della catena alpina fanno di questo territorio un luogo particolare dove attraverso una viticoltura eroica si ottengono dei vini bianchi unici. Troviamo il Priè Blanc, unico vitigno bianco autoctono che cresce alle pendici del Monte Bianco e viene coltivato fino a 1187 m slm, dal quale si ottiene il Blanc de Morgex et de La Salle, tanto adorato da Luigi Veronelli al punto di rispondere alla domanda " se lei dovesse salvare un vino bianco, uno solo, da una catastrofe cosmica, quale sceglierebbe?” lui rispose senza esitazione "Il Blanc de Morgex di Alexandre Bougeat, abate”, vino di grande freschezza, dalle caratteristiche uniche e rare che genera anche ottimi spumanti di alta qualità. La Petite Arvine, originaria del vicino Vallese, vino fine e di buona struttura, la sua eleganza viene ancora aumentata dall'affinamento in bottiglia. Il Muller Thurgau, ...

... Terroir alpino.

      ... dalla precoce vendemmia, gli sbalzi termici montani che ne favoriscono la profumazione che lo caratterizza rendendolo ancor più particolare. Lo Chardonnay vitigno internazionale che si è adattato benissimo all'ambiente valdostano donando vini di estrema qualità e varietà. Il Pinot Grigio che regala tante soddisfazione nella bevuta con la sua freschezza. Il Nus Malvoisie ottenuto dal particolare vitigno allevato nella zona di Nus (Pinot Grigio) , ha caratteristiche tipiche che rispecchiano il suo terroir, ottimo anche nella versione fletrì (appassita). Lo Chambave Muscat, storico vino aromatico ottenuto da uve moscato bianco alle quali l'ambiente pedoclimatico valdostano dona tipicità uniche sia nella versione secca che in quella passita, una perla della nostra enologia già amato fin dall'antichità. Vini bianchi di grande qualità, fiori all'occhiello della nostra regione da abbinare ai prodotti tipici regionali per ogni stagione. Ti consigliamo di provarli con i nostri formaggi freschi.

STORIE DI VINO

Breve storia della viticoltura in Valle d’Aosta. (I)

      Anticamente la situazione climatica valdostana era diversa e molto favorevole allo sviluppo della vite grazie a un innevamento minore e ad un clima più mite. I primi produttori di vino furono i Salassi, tribù che popolava la regione e si narra che i Romani dopo averli sconfitti celebrarono la loro vittoria nelle cantine dei vinti con solenni bevute, vista la bontà dei loro vini. Dalla caduta dell'Impero Romano al Medioevo non si hanno grandi informazioni. Da quel periodo molte testimonianze artistiche dimostrano la posizione di rilievo della coltura della vite e del vino. Nel XIV secolo abbiamo una prima conferma della produzione di vino moscato a Chambave. La guerra tra la Francia e la Savoia, una crisi economica importante, una epidemia di peste nel 1630, l'invasione francese del 1691, fecero si che molti vigneti furono abbandonati e distrutti. Poi le vigne tornarono a risplendere e a espandersi al punto che le autorità competenti ne limitarono la lavorazione. Nella seconda metà dell'Ottocento alcune malattie quali oidio, filossera e peronospera arrivarono al punto di insidiare l'esistenza della vite. Particolari cure e controlli fecero ben sperare fino al 1897 quando la distruttiva filossera iniziò a manifestarsi e dopo le gravi siccità dal 1893 al 1896 già avevano ridotto i raccolti. Dal secondo dopoguerra l'istituzione della Regione Valle d'Aosta a Statuto Speciale, permise all'amministrazione regionale di affrontare e migliorare la situazione incoraggiando i viticoltori attraverso la costituzione di associazioni. Un cambio di mentalità che permise un netto miglioramento della situazione vitivinicola. Ora i vini valdostani sono ricercati per le loro peculiarità e per la grande qualità.

STORIE DI UOMINI

Institut Agricole Régional della Valle d’Aosta

      Fa già parte della storia dell'agricoltura valdostana. E' l'Institut Agricole Régional, una scuola professionale che vanta evidenti motivi d'orgoglio. La sperimentazione nei campi della viticoltura ed enologia regionale condotta dall'Institut è stata ed è tuttora utilissima a tutte le aziende valdostane e molte delle nostre varietà sono state riportate in produzione grazie a queste attività di ricerca e classificazione che riguardano l'intero ciclo produttivo dall'impianto di vitigni autoctoni alle pratiche di trasformazione e di affinamento in cantina.

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Numero 0

Insalatiamoci!   

1000 modi, 1 metodo.

      Nel linguaggio comune, per insalata si intende un piatto pre-parato con sole verdure crude e condite con sale, olio, aceto, limone ecc. In realtà si possono usare anche verdure cotte purchè siano servite fredde. Molto importante è l'uso delle erbe di stagione al fine di coglierne la massima freschezza. Usato da sempre come contorno abbinato a un cibo più strutturato, oggi, con i tempi "veloci”, le insalate si sono trasformate in piatto unico. Si possono suddividere così: insalate verdi costituite da foglia o legumi verdi (es. fagiolini) quasi sempre condite nel modo italiano con olio extravergine di oliva, aceto e sale; insalate semplici costituite da un unico ingrediente condito con salse (es. classica insalata di pomodori con sale, olio ed aceto); insalate composte cioè preparazioni più elaborate e con diversi ingredienti, a volte anche importanti, che formano un insieme curato di odori, sapori e colori usati con precise indicazioni alimentari. In questo caso è buona regola usare una salsa di condimento che non copra il gusto degli ingredienti.

Vino x Insalata = Bianco.

      Abbinamento difficile ma non impossibile. Occorre definire il ruolo dell'insalata e soprattutto il condimento usato. Antipasto con verdure crude o cotte, un leggero condimento e magari l'inserimento di pesce (crudo o cotto) puoi usare un vino bianco giovane e poco strutturato, non molto alcolico e di leggera acidità e un bouquet fine. Primo piatto con pasta, riso, patate, magari con legumi e condimenti più complessi puoi utilizzare un vino bianco frizzante o spumante, di buona freschezza e morbidezza con un bouquet fruttato. Piatto unico con formaggi, uova sode, carni bianche o crostacei bolliti, naturalmente sempre uniti a verdure, le sensazioni saranno più complesse e quindi meglio utilizzare vini bianchi, morbidi, con aromi intensi e buona acidità. Ricordati anche che viene molto utile, in alcune occasioni, l'utilizzo di fini bianchi con un affinamento maggiore, più vecchi, le cui sensazione bilanciano perfettamente le sensazioni di freschezza di alcuni ingredienti. Basta provare!

LO FACCIO ANCH’IO

Insalata facile
e gustosa CuciNews.

      Lava le insalate lattuga e trevigiana e tagliale a listarelle. Sbuccia una mela e tagliala a dadini. Taglia la Fontina a dadini. Sguscia le noci e spezzettale. Metti il tutto in una ciotola capiente e unisci il sale, un cucchiaio di olio e uno di aceto balsamico.
Abbinamento consigliato:
Avalanche Metodo Classico
Cave du Vin Blanc de Morgex et de La Salle.

RARITÀ | VINI ESTREMI

Cave du Vin Blanc.

      Fondata nel 1983, la Cave du Vin Blanc de Morgex e de La Salle si trova nella Valdigne alle pendici del Monte Bianco. Siamo di fronte ai più alti vigneti d'Europa e qui (e solo qui) nasce il Prié Blanc, l'unico vitigno bianco autoctono valdostano. Dalle origini antichissime, è anche uno dei rari vitigni a piede franco. e' coltivato su pergole basse a protezione del vento, del gelo e per sfruttare al meglio il calore dalla terra. La Cave produce quindi solo vini bianchi con caratteristiche uniche e dalle quali si ottengono anche spumanti a metodo classico di alta qualità. Coup de foudre: La Piagne prodotto da una vigna dell'800 e la Cuvée des Guides spumantizzato fra i ghiacciai a 2590 m di altitudine. www.caveduvinblanc.com

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   Orto in casa? ...Yes!

Da dove cominciare.

      L'orticoltura, tiene attivi e rilassa. Voltaire, Manzoni, Petrarca e molti altri erano appassionati orticoltori e l'orto e il giardino furono una fonte di ispirazione. La voglia di cibo sano, il desiderio di riscoprire antichi saperi e sapori della terra, ma soprattutto la soddisfazione di vedere crescere e poi consumare il frutto del proprio orticello, hanno fatto il successo di questa attività. E in tanti hanno optato per un orto fai-da-te magari sul terrazzo di casa. Ma cosa coltivare? Occorre seguire i propri gusti, senza dubbio le erbe aromatiche come timo, salvia, rosmarino e basilico sono più facili e danno meno problemi ma anche pomodori, zucchine, cipolle, sedano, insalate crescono e danno ottimi frutti. Non servono grandi investimenti per iniziare. Con un po di fantasia e volontà è possibile trasformare il tuo balcone in una riserva di natura e di gusto dandogli anche una bellezza estetica utilizzando la tua creatività. Nel prossimo numero ti daremo informazioni su caratteristiche e modalità di coltivazione delle verdure scelte.

I pomodori in vaso.

      Il pomodoro da soddisfazione. Immagina di arrivare a casa, raccoglierlo e consumarlo subito avendo così il massimo della freschezza e del gusto. La semina avviene nel mese di gennaio/febbraio in un vaso semenzaio, (vasetti dove inserire 3 o 4 semi) poi si trapianta verso i mesi di marzo/aprile. Puoi anche comprare le piantine nel mese di aprile al vivaio e trapiantarle. I vasi devono essere capienti con un diametro di 20-30 cm ca. La pianta deve essere interrata per circa 5 cm e occorre aggiungere al terreno del fertilizzante organico o compost. Ma quale varietà scegliere? Il Pachino ed il San Marzano sono quelle più indicate per salse e insalate, ma anche i Datterini e i Cuori di Bue danno ottimi risultati, segui il tuo gusto. Dopo averla interrata bisogna legare la pianta a un bastoncino in modo che stia dritta e i rami con i frutti rimangano sollevati. Innaffia la pianta almeno 2 volte a settimana, preferibilmente la sera. Evita il ristagno di acqua nel sottovaso. Arriverai fino a dispiacerti di consumare il tuo bel pomodoro a km 0!

PASSIONI

Le piante aromatiche

      I profumi persistenti e decisi del timo o della salvia, l'intensità della lavanda, o quelli freschi e frizzanti dei vari tipi di menta, l'origano, il basilico e l'erba cipollina, aneto e dragoncello, coriandolo e santoreggia, sono solo alcune delle miriadi di erbe aromatiche che possono inebriare terrazzi e giardini con le loro fragranze mediterranee. Un bene prezioso di cui servirsi per conservare e insaporire i cibi, per profumare il corpo e curare malattie. Ma per mantenere inalterati gli aromi ci sono alcune regole: i fiori si raccolgono al mattino a rugiada evaporata, le foglie più aromatiche sono quelle prima della fioritura, le radici invece si estraggono quando la pianta ha completato il ciclo vegetativo.

PROTAGONISTI

Gilles Clément

      "Istituire lo spirito del non fare così come si istituisce lo spirito del fare", "Elevare l’improduttività fino a darle dignità politica", "Insegnare i motori dell'evoluzione come si insegnano le lingue, le scienze, le arti". Sono alcune affermazioni dello scrittore, architetto del paesaggio e ingegnere agronomo francese, Gilles Clement. Tutto il mondo è un unico grande giardino planetario, il cui giardiniere è l'umanità intera. La forza della natura è protagonista assoluta della trasformazione di un territorio: basta lasciarla fare. Gilles Clement afferma il valore dell'atto dell'abbandono, del lasciare che sia la natura a progettare lo spazio secondo le proprie regole, come riserva di biodiversità.

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   E tu di che Birra sei?

Il Mito più Antico.

      E' la più antica bevanda del mondo. La Birra nacque casualmente da un composto di orzo e acqua. Una donna ebbe l'idea di immagazzinare il surplus di prodotto in contenitori con acqua, i lieviti selvaggi misero in atto la fermentazione spontanea... ed ecco la prima birra! Questo intruglio donò ai suoi bevitori gioia e vigore ed ebbe, così un grande successo! Se l'orzo ha contribuito a far diventare i popoli nomadi in stanziali formando i primi villaggi, la Birra ha sicuramente contribuito alle relazioni sociali. La prima traccia della Birra è incisa su una tavoletta sumera di 3700 anni A.C. Per gli Egizi era anche usata come "moneta”: 2 anfore di birra per una giornata lavorativa. I Galli ne migliorarono la qualità facendola cuocere con sassi riscaldati, usando le botti per la conservazione e l'aggiunta di aromi. Nel XIII* si inizia a usare il luppolo. Nell'età moderna, le grandi invenzioni e le ricerche tecniche e scientifiche applicate alla produzione e tostatura, porteranno la birra all'altissima qualità contemporanea.

L’esaltazione del Gusto.

      Per la Birra non esiste il problema dell'annata e nemmeno quelle variazioni di caratteristiche dovute ai vari microclimi. Con la birra si possono creare abbinamenti che sarebbero impossibili con il vino. Possiamo considerare l'abbinamento cibo/birra come il raggiungimento dell'esaltazione di questi due elementi. Non si devono sovrastare, devono aiutarsi reciprocamente per esprimere al massimo le loro caratteristiche. Il corpo della birra dovrà essere simile alla struttura del cibo, la morbidezza dovrà smorzare le eventuali spigolosità di quest'ultimo. L'acidità unita alla frizzantezza, faranno una buona azione detergente nel caso di cibi unti o grassi. La temperatura di servizio della Birra è molto importante, grazie alla quale si possono raggiungere splendidi abbinamenti che altrimenti risulterebbero banali. Se assaggi una piccola quantità di cibo, deglutisci, bevi un sorso di birra e dopo un certo tempo nessuno dei due elementi prevale sull'altro e ti ritrovi poi un'ottima sensazione in bocca, allora l'abbinamento è perfetto!

BUONI DI NATURA

Il luppolo

      Il luppolo è una pianta rampicante di cui si usano le infiorescenze femminili che contengono un polline chiamato luppolina. Le varie specie pregiate, coltivate in tutto il mondo, sono ottenute partendo dalla pianta selvatica mediante mutazioni e selezioni. La birra deve al luppolo il sapore amaro e il caratteristico profumo, inoltre i suoi oli e le resine fungono da ottimi battericidi e aiutano la coagulazione delle proteine rendendola chiara e limpida. Il luppolo dal punto di vista birraio, viene diviso in due grandi famiglie: da amaro e da aroma, il primo fornisce la base amara, il secondo impartisce maggiormente le componenti aromatiche, è più ricco di oli essenziali profumati e gustosi che, evaporando, danno il tipico profumo. Il luppolo si trova in diverse forme: naturale o coni, pellets o estratto isomerizzato.

STORIE DI SUCCESSO

Louis Pasteur | Chimico
Emil C. Hansen | Botanico

      Tra gli uomini che hanno fatto la storia della birra ci sono il chimico e microbiologo francese Louis Pasteur e il botanico danese Emil Christian Hansen. Il primo scoprì che il lievito che provoca la fermentazione della birra è composto di organismi viventi, questa scoperta consentì un maggiore controllo della trasformazione degli zuccheri in alcool. Hansen, direttore dei laboratori scientifici della birreria Carlsberg a Copenaghen, scoprì che il lievito era composto da funghi e che la coltura dei lieviti poteva essere realizzata in laboratorio. Egli riuscì a isolare una cellula pura di lievito chiamato Saccharomyces carlsbergensis e oggi è utilizzato per la produzione della birra lager. Una scoperta che rivoluzionò letteralmente l'industria birraria. Era il 1880.

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Liberi Tutti!   

Il Gusto dell’Estate.

      “… per ora inclinato come l'asse terrestre voglio prendere il sole è il programma del prossimo trimestre” cantava così Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti nella sua canzone "Estate” e per farlo è bene preparare il tuo corpo, non solo la pelle che necessita di protezione ma tutto il corpo va depurato, preparato alla maggior luce che la nuova stagione regala. Niente di meglio che approfittare dei prodotti di stagione, dalla verdura alla frutta. Le stagioni calde sono quelle che in termini di varietà regalano più prodotti, dagli asparagi ai pomodori, dalle succose fragole alle ciliegie che si sa, una tira l'altra. Mangiare prodotti di stagione vuol dire mantenere intatte le loro proprietà benefiche, con tutte le loro caratteristiche nutrizionali. Mangiare sano non significa mangiare triste, anzi, oltre alle insalate che possono essere davvero dei piatti unici molto vari e colorati (come ti consigliamo sul Foglio 1) pensa anche a una pasta sfiziosa o al riso, conditi con verdure e parmigiano e una foglia di basilico o un trito di prezzemolo.

Belli e in Forma.

      Si sa, l’arrivo della primavera per quanto bizzarra come quella di quest'anno ci ricorda che l'estate è alle porte e che più che mai desideriamo essere belli e in forma, sia che si vada al mare, montagna o che si rimanga in città, approfittando magari di un'area verde attrezzata o di terrazza con piscina, per liberarsi dal freddo e dal grigiore dell'inverno. Basta poco. Per quanto meravigliose, non è indispensabile ricorrere a settimane confezionate ad hoc da centri benessere specializzati. Come i medici e i nutrizionisti consigliano, innanzitutto bisogna bere molta acqua perché idrata il corpo, fa bene alla pelle, migliora la digestione e tanto altro ancora. Porta sempre una bottiglietta con te. Bevi almeno 1,5 l di acqua al giorno e fai del movimento fisico. A volte è sufficiente cambiare anche solo un poco le proprie abitudini quotidiane: usare meno l'auto e camminare di più oppure se puoi scegli la bicicletta alle quattro ruote. E per goderti appieno la vita fai ginnastica almeno 3 volte a settimana per almeno mezz'ora.

VADEMECUM

Integratori e vitamine

      Tutte le vitamine sono essenziali al buon funzionamento del nostro corpo. Si possono dividere in due gruppi principali, vitamine liposolubili A, D, E, K e idrosolubili vitamina C e vitamine del gruppo B. La vitamina A è presente soprattutto nel fegato, spinaci, broccoli, carote, zucche, rape, arance, albicocche, pomodori. La vitamina E si trova nelle germe di grano, negli oli vegetali, nei legumi, nel pesce e nelle verdure a foglia verde. Vegetali, cavolfiori, olio di soia, tè verde sono il regno della vitamina K. La vitamina C si trova soprattutto negli agrumi, pomodori, fragole, peperoni, broccoli e patate. Le vitamine del Gruppo B sono presenti nella carne, fegato, latte e derivati.

BELLEZZE D'ITALIA

Puglia | Otranto

      Molti registi l'hanno scelta per i loro film, è la Puglia delle masserie, degli uliveti e delle chiese barocche. In una parola, il Salento. Ad accoglierti un mare caraibico e una natura selvaggia con distese di ulivi secolari e scogliere a picco sul mare. A sud di questo paradiso c'è Otranto, il comune più orientale d'Italia. Un tuffo di emozioni barocche nel suo antico borgo racchiuso tra le mura, la cattedrale con il mosaico più grande d'Europa e il Castello Aragonese. E poi non resta che immergersi nel blu della Baia dei Turchi, una piccola insenatura di sabbia finissima circondata da una parete di roccia calcarea, tra pineta e macchia mediterranea come le spiagge di Alimini, meta di surfisti e famiglie, grazie alla facilità di accesso in acqua. [ visto 18|05|2014 ]

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